Il suffisso folk sembra quasi necessario per i musicisti del secondo millennio, quasi a voler sancire un'appartenenza storica a un periodo aureo della musica che ancora stimola le nuove generazioni, nonostante molta carne al fuoco spesso finisca per confondere il pubblico e spesso anche gli stessi musicisti. Senza dubbio le trasmigrazioni pop degli Stornoway o le ambizioni corali dei Woodpigeon rappresentano alcune sfaccettature dell'attuale panorama folk, ma per i cultori della tradizione queste spurie genie non sempre centrano le peculiarità della musica tradizionale. Ed è altresì chiaro che la semplificazione di gruppi come i Mumford & Sons non possa reggere la potenza di una tradizione così nobile.
Il pubblico non sembra gradire molto un folk poco contaminato, e solo alcune band del passato riescono a inserire i loro dischi nelle collezioni degli appassionati di musica rock; se i Fairport Convention e i Pentangle vivono una seconda giovinezza critica, altresì molti protagonisti storici restano oggetto di culto di pochi appassionati.
Il fermento che anima la nuova generazione di folksinger fatica a travalicare i confini della patria Inghilterra: lo dimostra la poca attenzione per Norma Waterson, Lisa Knapp o Chris Wood, e in generale per la musica folk legata ad argomentazioni letterarie e strumentali di derivazione arcaica e rustica.
Alasdair Roberts prosegue nella sua ricerca delle radici e, dopo aver esplorato le tematiche più oscure del weird folk abbraccia la tradizione restituendo dignità e energia a un patrimonio storico impareggiabile. Lo scozzese coinvolge ottimi strumentisti come Stevie Jones (basso) e Shane Connolly (batteria), che tessono straordinarie architetture ritmiche in grado di annullare il tono accademico del folk revival, donando un suono secco e limpido che coinvolge ad ogni muovo ascolto, senza con ciò rinunciatr a racconti atroci e disumani (la splendida "Long Lankin”) o a diari di viaggio suggestivi e surreali ("The Golden Vanity").
L'abilità e la passione dei musicisti si esalta nella splendida "The Burning Of Auchindoun" costruendo un folk-punk grintoso e originale, senza mai cedere alla tentazione del manierismo folk ma conferendo a ogni brano vesti disparate.
Alasdair Roberts con "Too Long In This Condition" prosegue una ricerca sonora interessante non priva di incertezze e perplessità, e mentre annuncia un album di canzoni originali con uso di fiati e ottoni ci regala un altro capitolo vivace della sua discografia inducendo a una seria riflessione sullo stato attuale del folk revival.
03/09/2010