"Cara maestra abbiamo perso" è uscito qualche mese fa per conto della Pippola Music di Matteo Zanobini, uno con cui ormai si va a botta sicura (a proposito, una cura del packaging fantastica); loro girano l'Italia dei piccoli club e conquistano cuori su cuori, da chi li ha sentiti dal vivo fatevi spiegare quanto conta, per un autore che sa scrivere canzoni belle, finire in una band con gente che suona così. Giusto Correnti, curvo sulla sua batteria, non perde un colpo e Simona Norato, al piano o quel che sia, è bravissima e funambolica, un piccolo, delizioso ossesso. I Dimartino riempiono il palco e riempiono l'aria, ti sbattono in faccia la loro musica e i loro corpi senza risparmiarsi, e se in studio la mano santa di Cesare Basile si sente eccome, dal vivo dimostrano di non avere bisogno di niente e nessuno. Del resto, avere un produttore del genere è un merito prima ancora che un valore aggiunto, e sapersela cavare da soli in questo modo un segnale chiaro e forte.
Ma, tornando al disco, in "Cara maestra abbiamo perso" non c'è niente di scontato e nessun gioco di prestigio. I ragazzi non si pongono il problema di inventare alcunché che possa sconvolgere gli schemi della canzone d'autore italiana, non fanno altro che prenderne il meglio e trarne gli insegnamenti giusti. Le solide basi, ovviamente, sono i testi di Di Martino, raffinati, visionari. La seconda traccia, per esempio, si intitola "Ho sparato a Vinicio Capossela", e già al primo verso se ne chiarisce l'inappuntabile ragione: "perché piaceva a te e alle tue amiche". Uno swing paranoico con Enrico Gabrielli al sax e Lorenzo "Musical Buzzino" Corti alla chitarra: chissà se Vinicio avrà qualcosa da ridire.
Dopo il pezzo che dà il titolo all'album, poi, il decadente punk androidico "Cara Maestra", c'è spazio anche per una filastrocca a due voci con Vasco Brondi, "Parto", una storia di immigrazione e malinconia: "Non eri tu che mi parlavi di una città del nord dove le fabbriche producono lavoro e si inventano nuovi operai che non licenziano mai?". "La lavagna sporca" è un bel divertissement con Alessandro Fiori a recitare il mantra del titolo e ancora Gabrielli alle prese con marimba e clarinetto, mentre in "909" Di Martino fa un po' Ivan Graziani e un po' Rino Gaetano, con la band che gli costruisce intorno un impianto vorticante, quasi radioheadiano, e "Cambio idea", subito dopo, appare un po' come la gemella, quella più ironica e sbarazzina delle due, di "Cercasi anima". Per il penultimo atto scende in pista in prima persona anche Basile, a dare elettricità e sporcizia a "La ballata della moda" di Luigi Tenco, e funziona. Per chiudere, un'aria popolare, d'amore lontano o negato: è "Marzo '48", nella sua semplicità quasi elementare una delle vette dell'intero disco.
Carrellata tutto sommato breve, si diceva, ma a ben vedere non s'avverte alcuna mancanza, "Cara maestra abbiamo perso" è più che sufficiente per spiegare chi sono i Dimartino e cosa sono in grado di dare oggi alla musica italiana. Per ora si tratta di circuiti indie, ma non è un mistero che la vocazione della banda Zanobini, da Brunori Sas in là, sia un'altra. Il suo pop d'autore, la Pippola, lo vuol far sentire a più gente possibile. I Dimartino, insieme agli Jang Senato, anche se forse in tempi meno brevi, sono tra quelli che hanno tutte le carte in regola per fare il salto.
(22/04/2011)