La rivincita dei Poveri cristi
di Giovanni Dozzini
È successo tutto molto in fretta. Il disco nato come poco più di un gioco, i primi riscontri positivi, i concerti che si infittivano e si riempivano sempre più di gente. Le vendite, poi, alla grande pure quelle, perché arrivare a settemila copie, per l'esordio di un cantautore con già qualche capello bianco in testa e un immaginario rimasto incollato agli anni delle schitarrate in spiaggia e dei palloni arancioni sgonfiati, per di più pubblicato da un'etichetta arrembante ma ancora tutto sommato in rodaggio, di questi tempi è roba mica da poco. Due anni pressappoco esatti dopo l'uscita dell'acclamato "Vol. I", due anni passati quasi interamente a suonare su e giù per l'Italia, il secondo capitolo della produzione discografica di Dario Brunori e della sua società in accomandita semplice si ritrovava a far fronte ad aspettative notevoli. Ampliamente soddisfatte, come si può leggere a parte. Questo "Vol. II", a cui Brunori e il fidato boss della Pippola Music Matteo Zanobini hanno voluto apporre la griffe della Picicca Dischi, la factory che lo stesso cantante gestisce nella sua Cosenza, ha un titolo vero e proprio che è tutto un programma, e che traccia dopo traccia assume un valore indicativo sempre maggiore. I "Poveri cristi" di Brunori sono i personaggi che popolano queste sue nuove canzoni, che per un po' relegano in un angolo nostalgie e autoritratti vari e si prendono tutta, o quasi tutta, la scena.
"Non è che mi sono messo a scrivere pensando di raccontare deliberatamente una cosa piuttosto che un'altra", dice lui. "Le canzoni mi sono venute in maniera spontanea, naturale, così com'era stato per quelle vecchie. Indubbiamente in questo processo creativo ha influito il mio desiderio di non ripetermi, di parlare d'altro e con un altro linguaggio. Sentivo che il discorso di "Vol. I" si era chiuso. I pezzi, poi, li ho scritti in un periodo molto breve. Quando ho finito il tour, nel dicembre 2010, avevo un po' di bozze, poi ho realizzato tutto tra gennaio e febbraio. A quel punto avevo sedici-diciassette provini, ci siamo messi giù con Matteo e abbiamo fatto una scrematura, fino ai dieci brani definitivi finiti in "Poveri cristi". Ora, ovviamente non volevo fare un concept-album, ma mi piace l'idea che in un disco ci sia un filo conduttore. E l'abbiamo trovato proprio in quest'accolita di personaggi. Poi c'è stato un lavoro formale impegnativo, più complesso del solito. Mi sono preso la briga di svolgere tanti ruoli: ho cantato, suonato le cose che so suonare, il disco l'ho registrato io, l'ho prodotto insieme a Zanobini. Un lavoro più attento, con arrangiamenti più ricchi. C'è un quartetto d'archi, qua e là, e anche una sezione di fiati. Ma in ogni caso non volevo un album pretenzioso, con troppo distacco rispetto al precedente. Alla fine sono soddisfatto del risultato".
Pare che siano rimaste fuori almeno un paio di potenziali hit. Due pezzi molto radiofonici. "Queste sono solo illazioni", ride. "Nei provini c'erano dei brani con un piglio più da sing along, però niente da fare, non ci stavano. Io amo le canzoni, non ho paura dei ritornelli, ci mancherebbe. Non è un fatto di rifiuto del commerciale: semplicemente, in questo disco è entrato quel che era in sintonia col discorso generale. E poi quei pezzi rimangono lì, si possono sempre tirar fuori, in futuro. Quando verranno tempi migliori. O peggiori, chissà".
La storia della Sas è stata una trovata simpatica e vincente, dal punto di vista promozionale. Resta il fatto che la tua band è quella e per ora quella rimane. Che idea ne hai? La consideri parte integrante del tuo progetto o semplicemente un gruppo di musicisti che suonano quello che gli dici di suonare?
"Al momento gli altri della band sono degli elementi imprescindibili. Poi, è chiaro che Brunori Sas è un mio progetto solista. Scrivo tutte le canzoni, sono egocentrico e dittatoriale, mi sembra che le cose, nel gruppo, siano abbastanza chiare. Ma loro per me adesso sono una fonte incredibile di confronto, musicalmente e umanamente, e finché s'accontentano dei modesti salari che gli concedo me li tengo. Non sono previsti licenziamenti, ecco. In generale mi piace molto coinvolgere in quello che faccio le persone con cui mi trovo meglio. Sempre le stesse. Un po' alla Woody Allen, ogni film con la stessa troupe".
E in questa cerchia di persone c'è anche quella che persino su Facebook è indicata come la tua fidanzata ufficiale. Simona Marrazzo: cori, curve e cervello. Come se non bastassero le canzoni d'amore da spiegare e giustificare, incombenza che da che mondo è mondo spetta a tutti i cantanti, tu te la porti anche in giro a far concerti. Cosa comporta, andare in tour con la propria ragazza?
"Che cosa posso dire. Nella scorsa tournée siamo stati il gruppo che meno ha conosciuto biblicamente le proprie fan nella storia della musica. C'è lei che fa il controllore non solo per me, ma pure per tutti gli altri. Con questo sceriffo sempre là, non si poteva fare niente. Ma io, beh, tutto sommato sono contento così".
Poi c'è la canzone con Dente. Non una gran sorpresa, considerando le evidenti affinità elettive e i recenti trascorsi - lui che scrive (bene) di te sul Fatto Quotidiano, il concerto a due di mezza estate dell'anno scorso al Circolo degli Artisti, dichiarazioni di stima reciproca di vario genere. Ma il pezzo com'è nato? Tra l'altro l'incipit di "Il suo sorriso" è identico a quello di "Quel mazzolino" (canzone di Dente contenuta in "L'amore non è bello", ndr). Volutamente, è da immaginarsi.
"In realtà no. Non me n'ero proprio reso conto. E lui non me l'ha detto, forse ha pensato che volesse essere un omaggio. Spero solo che non mi faccia causa, visto che in Siae è depositata la mia firma. Quanto alla canzone, ci siamo visti poco, ma è stata davvero una bella esperienza. Dente mi piace molto. Per il suo modo di fare e di pensare, e naturalmente per la sua musica. Il concerto al Circolo degli Artisti è andato benissimo. Allora c'eravamo detti che avremmo voluto fare qualcosa insieme. E 'Il suo sorriso' mi pare perfetta: sintetizza il nostro mondo musicale, c'è molta ironia, quest'attitudine al divertissement, e poi tutti questi richiami battistiani. Mi piacciono molto le ospitate, ma non tanto per fare. Se chiami un altro musicista a collaborare con te deve essere funzionale, deve rientrare pienamente nell'idea. Vale anche per Antonio Di Martino, dei Dimartino, che ha cantato in "Animal colletti". Avevo sentito la band dal vivo, una volta, e mi sono sembrati fantastici. Antonio era perfetto per quel pezzo. Tra l'altro sono della Pippola pure loro, quindi è stato un incontro facile".
Uno pensa a Brunori Sas e si dice che avrebbe tutte le carte in regola per diventare un vero fenomeno pop. Di qualità, ma massivamente pop. Eppure come si fa, oggi? Una volta quelli bravi un modo o l'altro lo trovavano. De Gregori, Dalla, Vecchioni, con un'industria discografica solida, i media meno normalizzati, prima o poi emergevano. Ma adesso?
"È il problema che si pongono un po' tutti. Noi abbiamo un percorso che si può tranquillamente definire pop, e ci piace allargare sempre di più il nostro bacino d'utenza. Secondo me, serve semplicemente pazienza, darsi tempi lunghi. A dire il vero a me le cose sono successe a una velocità incredibile, e penso che andare gradualmente, adesso, mi farebbe solo bene. La meta ideale, per dire, è senza dubbio Sanremo, ma occorre arrivarci con le spalle larghe. M'è già successo di avere qualche impaccio in situazioni che mi sembravano più grandi di me. Come a Italia Wave: su quel palco enorme, una sensazione estraniante. Oggi, certo, c'è molto meno spazio di un tempo per il pop di qualità: non in tv, non nelle radio maggiori. Ma anche se le etichette non investono più a lungo termine, come magari facevano un tempo, credo che in qualche maniera ce la si possa fare. Col passaparola, innanzitutto, che grazie al web è più veloce di un tempo. E poi suonando. Ho notato che il pubblico, quando entra a contatto con certe cose, non rimane indifferente. In certi contesti in cui non avevamo davanti solo il pubblico indie mi sono reso conto che gli altri, quelli che magari non ci avevano mai sentito nemmeno nominare, hanno apprezzato molto. E magari, essendo abituati a prodotti musicali omologati, hanno visto in noi roba ancor più originale di quel che in realtà siamo. È difficile arrivare alle masse, sì, ma non impossibile".
(20/06/2011)
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Un falò mai spento di Giuliano Delli Paoli Incontriamo Dario Brunori, "maggiore azionista" della piccola impresa musicale (ama definirla così) Brunori Sas, fresco vincitore del prestigiosissimo Premio Ciampi 2009 con l'album "Vol.Uno", premiato come miglior disco d'esordio. Cosentino doc, ennesimo talento tricolore gettato dalla vivacissima Pippola Music nel calderone indipendente italiano (dopo i vari Fitness Forever, Superpartner, Annie Hall e la neo-stella dell’indie-pop al vaudeville europeo, Beatrice Antolini), Brunori mette a nudo con un'insolita ironia le fragilità e i drammi dei trentenni di oggi, tra scadenze mensili e i ricordi di un'adolescenza sempre più lontana. Imprenditore mancato e neo-urlatore italiano. C'è più rammarico o sollievo in questa affermazione? Entrambi: rammarico, perché da imprenditore guadagnavo sicuramente di più e potevo scaricare le spese di trasferta; sollievo perché posso affrontare, fischiettando, le penose conseguenze della crisi economica in atto.
Ma è davvero così dura oggi? Cosa ti aspetti dal futuro (sia musicalmente che interiormente)? Quanto dista l'Italia di oggi da quella romantica e genuina di "Guardia 82"? Nel 1982 avevo 5 anni, di quella Italia non posso che avere un vago ricordo, tra l’altro addolcito dal tempo. E’ ovvio che guardando a quei giorni, sfogliando un album fotografico, ci si rende subito conto che le cose avevano un altro sapore. Il disco è in generale rivolto all’indietro, ma, come ho già avuto modo di dire in altri contesti, non come fuga dal presente, piuttosto come riferimento per non distrarsi dalle cose che contano davvero. Oggi è dura perché vengono meno fattori essenziali quali il lavoro e la casa. Ed è altrettanto dura affrontare tematiche “alte” e discutere del futuro, quando sono messe in discussione le forme di libertà più elementari. Personalmente sto cercando di creare le condizioni perché tutti i miei progetti, musicali e non, siano sostenibili per me e per le persone coinvolte. E’ l’unico modo per poter continuare a produrre qualcosa senza essere affogato dalle scadenze di fine mese. Oltre a Brunori Sas, già a Cosenza sto cercando di fare rete e di partecipare e promuovere le iniziative di altri artisti e addetti ai lavori, per portare avanti i prodotti musicali locali e diminuire le naturali distanze con “la scena che conta“.
Nei Blume eri con Francesca Storai e Matteo Zanobini. Cosa cambia realmente nella produzione di un disco da solista? Quanto è servita l'esperienza con i Blume? In cosa ti ha realmente forgiato?’ L'esperienza con i Blume rappresenta per me il punto di partenza in una visione se vuoi più “professionale” del mestiere di musicista. E’ in quel contesto che ho appreso l'importanza della produzione artistica, dei dettagli che fanno la differenza e il ruolo fondamentale di chi collabora nella realizzazione di un progetto. Un disco “solista” non lo è mai in senso lato. E’ per questo che mi piaceva l’idea della società, perché è pur vero che io ci metto la faccia, ma è altrettanto vero che nulla si crea senza aver un solido collettivo alle spalle. Tra l'altro nei Blume militava anche Matteo Zanobini, label manager di Pippola Music e produttore del disco, nonché amico fidato. Qualcuno dice che sia lui il nuovo Micocci della musica italiana.
Brunori Sas vincitore del Premio Ciampi 2009 come miglior esordio. E adesso? Hai mai pensato di tuffarti verso lidi sanremesi? Sanremo è il mio palco naturale, tutto ciò che sta accadendo in questi mesi è una sorta di allenamento per il grande momento in cui lancerò galatine al cioccolato alla platea in delirio. Tra l'altro ho già il brano pronto, per cui, come succede per i professori, attendo solo di raggiungere il punteggio per salire in graduatoria ed entrare di ruolo.
Grazie per la disponibilità e un grosso in bocca al lupo per il futuro. Grazie a voi per il sostegno alla piccola impresa, che coglie altresì l'occasione per porgere a tutti i fedeli lettori di OndaRock i suoi più cordiali saluti... |
Vol. Uno (Pippola, 2009) | 7 | |
Vol. 2 - Poveri Cristi (Picicca, 2011) | 7,5 | |
E' nata una star? (colonna sonora, Picicca, 2012) | 5 | |
Vol. 3 - Il cammino di Santiago in taxi (Picicca, 2014) | 6,5 | |
A casa tutto bene (Picicca, 2017) | 6,5 | |
Cip! (Island, 2020) | 7 |
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