Giovanissimo ensemble danese, quattro ribelli senza una causa con l'aria da teppisti, gli Iceage (si scrive tutto attaccato) fanno parte di una recente scena di Copenhagen denominata "New Way Of Danish Fuck You" (sic!). Ancora relativamente sconosciuti al grande pubblico, sono già stati oggetto di diverse attenzioni in rete. Il passaparola ha fatto sì che la prima stampa dell'esordio "New Brigade" andasse esaurita e che la band avesse l'opportunità di effettuare diverse date in Europa e negli Stati Uniti (peraltro pare che la Matador Records abbia già messo gli occhi su di loro, e questo potrebbe essere il preludio a un "lancio" in grande stile). Ma torniamo a "New Brigade".
È un breve frammento ambientale/rumorista a introdurci a "White Rune", traccia che fornisce fin da subito una chiara idea della direzione stilistica dell'album, con il suo incipit di sghembo post-punk e il caos generato dalle chitarre. Una voce apatica e ipnotica e i ritmi accattivanti dettati dal basso pulsante vanno a completare un sound al quale risulta difficile restare indifferenti, tanta è l'immediatezza e l'energia sprigionata; il brano echeggia i primi Killing Joke, ma in ottica decisamente imbastardita e accelerata.
"New Brigade", canzone per la quale è stato girato anche un allucinante video, si configura fin da subito come un bizzarro quanto azzeccato ibrido tra punk e metal estremo (di stampo nordico), personalizzato con il cantato distante e al tempo stesso potente che sovrasta due minuti di rock essenziale; un pezzo che, come il precedente, si mostra molto accattivante fin dal primo ascolto.
In brani come "Remember" e "Total Drench" i Joy Division/Warsaw vengono riletti alla luce di una furia hardcore, dando vita a due episodi di ottimo post-punk sfregiato; "Rotting Heights" parte dall'omaggio ai Bauhaus di "In The Flat Field" ma muta velocemente in un'altra sfuriata di poco superiore al minuto e mezzo, velocissima e interrotta a più riprese dagli stop and go tipici del gruppo.
"Broken Bone" sfoggia una struttura assai peculiare, con suggestioni no wave al servizio di chorus accattivanti, un po' come avviene nella successiva "Collapse" e nella furiosa "Eyes", che confermano come i vari riferimenti vengano superati per creare qualcosa di nuovo ed estremamente diretto.
Le maggiori analogie con l'hardcore punk si riscontrano in "Count Me In", che supera di poco il minuto di durata, mentre "Never Return" è, al contrario, il brano più "lungo" con i suoi tre minuti di suoni sincopati e con il cantante che recita su un sottofondo ossessivo e sgraziato, un vero e proprio loop punk. Emerge l'influenza dei Crisis, e nella conclusiva "You're Blessed" il gruppo velocizza e decontestualizza le proprie ascendenze senza tralasciare le melodie azzeccate e fuorvianti che venano i venticinque minuti scarsi di "New Brigade". Venticinque minuti di genio e sregolatezza dove questi newcomers riescono a dar vita a un sorprendente esempio di punk postmoderno, pervaso da un marcato feeling oscuro.
28/06/2011