No, non è il Delaware, non è l'acqua dell'Atlantico a lambire le canzoni di questo esordio. Siamo a Teramo, e i DelaWater hanno composto questo esordio autoprodotto sulle sponde macchiate di mucillagine dell'Adriatico. Diciamolo subito: non c'è niente di particolarmente "nostalgico" nella musica della band, non c'è la tensione verso qualche luogo mitologico del rock anglosassone, né la dimessa riproposizione di un canone che si pensa, già in partenza, inarrivabile.
Lo si capisce non solo, emblematicamente, dalla pronuncia quasi orgogliosamente non affettata della voce ebbra, sgangherata di Paolo Marini ("Cantano in inglese ma senza vantarsene", dicono di sé), ma dalla personalità dei musicisti del gruppo, ognuna ben delineata all'interno del disco.
"Conquistata dalla melodia, la vena indie-rock dei DelaWater ha trovato sfogo nella voce 'manuale' di Paolo Marini, nella batteria 'toccata' di Stefano Di Gregorio, nel basso 'girevole' di Andrea Marramà, nella chitarra 'interventista' di Pierluigi Filipponi e nella tastiera 'cantante' di Aurora Aprano!"
(Autobiografia, pagina Facebook della band)
"Delawater" si colloca a metà tra l'Ep e l'Lp, con le sue sette canzoni e i circa trenta minuti di durata, e, che dire, stupisce. Se si escludono le incursioni nei territori già calpestati - dai vari Dondelli e Ballarin - dello sghembo pop psichedelico di "How Stupid I Am!", le canzoni del disco vivono ognuna di una propria vita, i fili dei brani sono accuratamente manovrati con un fare luminoso, davvero vivido.
La chitarra di Filipponi, in tracce come "Lazy Days On My Sidecar", segue sapientemente tracciati lineari, dosando distorsioni e bend, cercando, in "A Dog Under The Sun", di domare la voce appassionata, il piglio cabarettistico di Marini. Il dolce britpop - là dove i Radiohead trascolorano nei Coldplay - di "Into My Heart" è forse, però, il vero capolavoro, dallo spirito incontenibile, che sembra balzare su quegli "Shining!", "Higher!", e così via; qui, come in tutti i brani, il basso di Andrea Marramà dà veramente prova della sua "abilità rotatoria".
L'unica e parziale battuta di arresto va ravvisata nella coda di "What's Happened To Pete", in cui il gruppo si avvita un po' su se stesso, inseguendo un'idea melodica decisamente involuta. Ma si ritorna a sognare in "Sold Out", e gli anni 90 finalmente si tuffano nell'Adriatico, dove, alla fine anche della giornata più brutta, l'abbraccio del mare, vero o fittizio, è sempre una garanzia.
11/01/2012