Un disco di remix, si sa, è sempre un affare delicato, specialmente quando va a porsi come faccia complementare di un lavoro di qualità elevatissima o comunque già compiuto nella sua forma originale. Di remix album in grado di abbattere le solide strutture delle composizioni ne abbiamo visti più d'uno – non ultimo quest'anno “Dross Glop” dei Battles – e ancor più frequenti sono stati in tale contesto i “nulla di fatto”, statiche raccolte di brani fra di loro poco connessi e in ogni caso non in grado di fungere da valida alternativa agli originali.
“A Wrenched Virile Lore” è il remix album di “Hardcore Will Never Die, But You Will”, e questo status potrebbe già suonare come una sentenza. Sbaragliare dall'interno l'equilibrio proprio di quel disco era impresa che partiva con l'attributo di “impossibile” affrancato con il Bostik. Ma ai Mogwai, si sa, piace sorprendere, ed ecco che fra le mani ci ritroviamo un gioiellino inatteso, una vera controparte al disco originale. Merito sì della caterva di ospiti di lusso coinvolta, ma anche della scelta non comune di chiamare a corte alcuni dei più quotati rappresentanti dell'elettronica sperimentale di ieri e di oggi.
Così ad aprire le danze è il romanticismo elettro-shoegaze di una “George Square Thatcher Death Party” rivisitata dal magnate Justin Broadrick (padre di mille avventure fra cui Godflesh, Jesu, Final, Napalm Death e Techno Animal). Un'apertura roboante cui fanno seguito le riuscite performance di Klad Hest e Cylob: il primo, nascosto sotto il curioso moniker di Mogwai Is My Dick, monta di acidi e destruttura “Rano Pano”, mentre il secondo tramuta “White Noise” in una dolce litania analogica per synth e vocoder. Meno incisiva è la “How To Be A Werewolf” in chiave ipnagogica di Xander Harris, mentre affini nell'umore sono la “Letters To The Metro” iperspaziale degli Zombi (Vangelis docet) e la cavalcata cosmica di “Too Raging To Cheers” a cura Matt Hill aka Umberto. Gli episodi migliori arrivano però nelle fasi finali e portano le sfavillanti firme di Soft Moon, Tim Hecker e Robert Hampson. I primi traslano “San Pedro” in un fragore di riverberi futuristi, ambientando uno dei loro classici psicodrammi metropolitani in una megalopoli del 2100; il secondo, in perenne stato di grazia, riprende di nuovo “Rano Pano” donandole una luce intermittente ed abbagliante fra droni impazziti e dosi impercettibili di rumore; l'ex Main, infine, si dimostra ancora capace di flirtare con la melodia, nei tredici minuti di isolazionismo emotivo memore dei migliori Loop in cui fonde “White Noise” e “Death Rays”.
“A Wrenched Virile Lore” è uno dei remix album più riusciti degli ultimi anni, nonché la ciliegina sulla torta dell'eccellente saga di “Hardcore Will Never Die, But You Will”, in cui è doveroso racchiudere anche l'ottimo Ep “Earth Division” e la magnifica suite “Music For A Forgotten Future (The Singing Mountain)” - compresa nella limited edition dell'album e forse capolavoro della saga Mogwai tutta. Una variopinta inquadratura alternativa per un album dalla carica espressiva complessa e dispendiosa, ad oggi ancora non del tutto compresa.
Hardcore will never die, but will Mogwai do?
05/01/2013