"Roma, guanti e argento" rappresenta un po' la chiusura del cerchio per chi ritiene che certi suoni alt-rock non siano affatto da archiviare in soffitta, ma possano ancora riservare stupore e meraviglia.
Un album che somiglia a tante cose, che contiene gli aromi ed i ricordi di una generazione, e riesce nel non facile compito di gettarli con criterio avanti nel tempo, rendendoli clamorosamente contemporanei.
Le prime istantanee del disco chiariscono subito l'atteggiamento: "E.C.G." parte con cucite addosso le espressioni di certi Sonic Youth, quelli più elegantemente obliqui, sviluppandosi poi come un evergreen dei primi Marlene Kuntz, richiamando lievi ricordi di "Nuotando nell'aria".
Un attimo per riprendere fiato e ci si imbatte ne "L'ordine naturale delle cose" che odora di Afterhours fin nel midollo ("La vedova bianca"?), ma dopo la prima metà si trasforma in trame Verdena, con quell'organo e le chitarre che vanno in distorsione, e quando la canzone sembra volgere al termine l'inaspettata coda dove protagonista diventa un violino elettrico ("Sulle labbra"?).
Il bello di "Roma, guanti e argento", ciò che maggiormente colpisce, è che la sorpresa è sempre dietro l'angolo, le composizioni si sviluppano in maniera poco prevedibile rispetto agli standard contemporanei.
Proviamo la prossima?
"La routine dei guanti" rappresenta l'ambizione di scrivere una nuova "Vortex Surfer" quindici anni dopo: partenza lenta, ammaliante, poi prende giri e si schiude in un vortice dove dilagano chitarre e violini.
In poco più di dieci minuti gli Operaja Criminale fanno tutto questo, scatenando un oceano di similitudini, ma presentando un prodotto originale, credibile e personale.
Potrei fermarmi qui e promuovere a pieni voti l'esordio del duo romano, senza se e senza ma, il fatto è che nelle restanti sette canzoni c'è ancora tanta tanta roba.
L'avvolgente placidità introspettiva di "Milano" e "Grave", con il suo closing alt-folk, l'inganno di "Torino" che nella prima parte sembra una riproposizione del brano precedente, ma da metà in poi una soffice armonica prelude alla deflagrazione collettiva, la simpatica violenza di "Fine marzo", la poesia elettrica da brividi a fior di pelle di "Tremore # 3", la frustata di "Tremore # 2" (in duetto con Ilenia Volpe) che aspira ad essere la loro "Piccola Jena", il degno finale de "La mia città è morta".
Le canzoni ci rapiscono, ci convincono sin dal primo ascolto, con i loro suoni alt-rock tendenti ad un lieve noise mai troppo invadente, con testi densi di racconti personali e metropolitani.
Ed ora le presentazioni: gli Operaja Criminale sono Matteo Scannicchio (voce, moog) ed Andrea Ruggiero (chitarre, violino), autori di tutto quello che si ascolta in questi circa quaranta minuti, due musicisti dei quali si parlerà pon poco.
Dentro il disco troverete anche la batteria di Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion, le chitarre di Giorgio Maria Condemi, ed importanti partecipazioni di Riccardo Dal Col e Federico Leo.
Riconoscimenti finali: applausi a Giorgio Canali che ha registrato il disco in maniera egregia, oltretutto contribuendo in proprio con chitarre e grida.
Applausi ad Ilenia Volpe, intervenuta in molte tracce con cori e voce, una vocalità che imparerete presto a conoscere meglio, visto che è in uscita il suo fulminante esordio "Radical Chic un cazzo!"(guarda caso prodotto da Canali), che fa degno pendant con "Roma , guanti e argento".
Applausi per il video che accompagna il primo singolo estratto, "E.C.G.", nel quale Giorgione si è simpaticamente prestato a vestire i panni del protagonista.
Un produttore (oltre che straordinario musicista ed autore) che sa sempre centellinare il meglio, uno che ha prodotto l'esordio dei Verdena nel 1999, l'esordio de Le Luci della Centrale Elettrica quasi dieci anni più tardi, ed oggi sfoggia una confermata lungimiranza coordinando la più bella sorpresa italiana di inizio 2012.
28/01/2012