Sleepy Sun

Spine Hits

2012 (The End)
psych-blues

Il sole della California, direttamente da San Francisco, parte e solca gli oceani, per questa primavera. Un festino di undici pillole, mai oltre i sei minuti: riff psichedelici, sieste psych-blues e qualche sabbiosa ruvidezza stoner e hard(rock). Un ottimo Lp da sparare in macchina, nel caso ci si trovasse su una di quelle epiche superstrade, vuote e perse nel nulla: a bordo di una decappottabile, con un voglioso, accaldato partner di fianco, e con un lungo viaggio davanti.

È "Spine Hits": terzo album di studio per gli Sleepy Sun, ancora con l'Atp Records, dopo "Embrace" (2009) e "Fever" (2010), e dopo che la co-fondatrice del gruppo, la bravissima Rachel Fannan, ha abbandonato il progetto per incidere il suo "Deeper Lurking". Ma anche dopo che questi giovani di Santa Cruz hanno aperto splendidamente i concerti di Arctic Monkeys, Autolux, Mudhoney e collaborato con gli U.N.K.L.E.
Dietro le quinte, a dirigere la jam di Bret Costantino (voce), Matt Holliman ed Evan Reiss (chitarre), Brian Tice (batteria), e Jack Allen (basso), c'è addirittura il produttore Dave Catching che nella vita, fra l'altro, ha suonato la chitarra per Queens Of The Stone Age e Eagles Of Death Metal.

Alla fine, con la voce di Costantino così sexy, giovane e convinta, a ricordare un po' Alex Turner, ne esce un disco gradevole. Nostalgico di Led Zeppelin e Black Sabbath vari, l'album scorre liscio, suonato con consapevolezza da una band molto affiatata.E meno male, che così, se la leggendaria superstrada è intasata, il mezzo un'utilitaria, il partner incazzato, e il viaggio un mini-fine-settimana, almeno c'è la musica: che, non sempre, ma spesso, risolve tutto.
Per il resto, poca identità. La band è una bolla temporale, che celebra quello che è il più pop(ular) di tutti i rock. I "sole assonato" abbandonano le lunghe suites di "Fever", piene di spunti, ma acerbe, per preferire una forma-canzone più diretta. Così però, perdono anche molte delle idee divertenti e particolari, tutte da sviluppare, dei primi due album. Cioè un disco maturo, con meno noia, ma anche molto meno coraggio.

"Stivey Pond" e "She Rex", calde, quasi ballabili e molto da radio; "V.O.G.", accattivante, con le sue scivolate blues tra riffoni e hard-schitarrate; "Creature", registrata live; la sincera "Still Breathing"; intermezzo folk, con la sua armonica finale e gli archi accennati; le trasognate "Yellow End" e "Lioness", con assoli urlanti; ecco alcuni dei più notevoli momenti del disco.
La più azzeccata, però, è "Martyr's Song", il cui testo è ispirato a un esercizio svolto per uno studio sulla schizofrenia. Un crescendo, sudato, emotivo, esausto, con un giro melodico che guida il pezzo dall'inizio alla fine: bene, c'è almeno un pezzo che riesce ad agganciarsi all'orecchio.

09/04/2012

Tracklist

  1. Stivey Pond
  2. She Rex
  3. Siouxsie Blaqq
  4. Creature
  5. Boat Trip
  6. V.O.G.
  7. Martyr's Mantra
  8. Still Breathing
  9. Yellow End
  10. Deep War
  11. Lioness (Requiem)


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