La storia è risaputa: nasconditi dietro un fitto alone di mistero, associa alla tua musica un moniker accattivante e facilmente riconoscibile, e il gioco è fatto. Certo, non sempre il “trucco” riesce, anche con tutte le buone intenzioni del caso, ma quando riesce, allora sono soddisfazioni. Lo sanno bene iamamiwhoami, Zomby e molti altri, lo sa altrettanto bene Tahliah Barnett, curiosa inglesina che sotto il nom de plume Twigs l'anno scorso stuzzicò gli appetiti di parecchi, tramite quattro brani raccolti in un breve e spoglio Ep.
La ricetta, anche se il prodotto di incroci stilistici di grande tendenza, non ha tardato a raccogliere proseliti. Attitudine R&B modernissima, studio sul sound di matrice post-dubstep, e un'attitudine all'interpretazione dal sicuro fascino: tutti elementi che, riuniti sotto un solo denominatore comune, hanno fatto drizzare le antenne a parecchi del settore, in attesa di ulteriori dispacci da una sigla avvolta nell'ignoto.
Svelato l'arcano sull'identità della titolare, e con un cambio di etichetta, ma soprattutto di nome, a suggello dell'avvio di una nuova stagione, le attese sono state parzialmente ricompensate, da un altro set di quattro canzoni che spinge ancora oltre una proposta già di suo alquanto interessante. Senza troppi giri di parole, un brano quale “Papi Pacify” rientra infatti di diritto tra i migliori ascoltati quest'anno; non soltanto per la sua capacità di parlare al presente come pochi, pochissimi altri, ma soprattutto per serbare in sé i germi di quello che verosimilmente potrebbe essere il futuro del settore.
Merito dovuto in ampia misura alla produzione cristallina di Arca (già al lavoro con l'ultimo Kanye West), al fianco della Barnett nella stesura dei pezzi; è sua l'ariosità e la totale libertà nel gestire dinamiche e tempi, sua la naturalezza nello sfruttare l'alternanza di pieni e di vuoti propria di un James Blake in un impasto sonoro che prende tanto dal trip-hop quanto dai recenti sviluppi bass.
Se non fosse abbastanza, aggiungiamoci la spigliatezza di Tahliah nel manovrare i costrutti del pop, nel dosare a suo piacimento le frammentate cadenze melodiche del brano, e si fa presto a comprendere il perché di così tanto interesse. In tutto questo, le altre tracce rischiano quasi di far da contorno. C'è fortunatamente sufficiente sostanza a fugare simili ipotesi: dal battito bristoliano di “How's That”, che non disdegna contaminazioni con l'intelligent-R&B di marca Lapalux, all'ossatura minimal di una “Water Me”, altra grande prova di carattere soul da parte della cantante, la varietà e la tempra della proposta aprono nuovi, stuzzicanti scenari non soltanto in vista di (si spera) un imminente album, ma anche di quanto ci attende da qui a tutto il 2014 in ambito pop e dintorni. Restiamo in ascolto.
16/12/2013