Ora che l’orizzonte è in fiamme
Noi rincasiamo
Serriamo in fretta le imposte
Mettiamo in ordine i fogli
Le provviste
I vestiti smessi dell’estate
In attesa dei barbari
Temevamo di averli persi, dopo quattro album che disegnarono una personalissima estetica nel tripudio alt-rock degli anni 90. La band italiana che meglio di qualunque altra riuscì a fondere il post-rock con testi declamati di una profondità inaudita. Quali scenari avrebbero mai potuto ancora disegnare, dopo aver reso con i colori più intensi decine di storie che una generazione mandò a memoria, serbandole per sempre nei propri cuori? E invece tornarono, tre anni or sono, con quello che in molti considerarono il loro lavoro migliore, o quanto meno il più maturo, “Cattive abitudini”, un album denso, di quelli che ti segnano dentro. Seguì un riuscito split condiviso con i Bachi da Pietra, ed ora rieccoci qui, anno di grazia 2013, a scartare un nuovo disco dei Massimo Volume. Sembra quasi un miraggio, sembra quasi un miracolo.
Dal punto di vista squisitamente musicale, “Aspettando i barbari” sorprende per la presenza (importante ma mai troppo invadente) della componente elettronica, in grado di arricchire ulteriormente la tavolozza di colori desiderata dal gruppo. Il disegno complessivo si fa più duro rispetto a "Cattive abitudini”, con gli aspetti tenui che tendono a scomparire quasi del tutto. Prodotto dai Massimo Volume e da Marco Caldera (che si occupa anche di synth e sampler in un paio di tracce), il disco registra il consolidamento del quartetto attorno alle figure di Emidio Clementi, Vittoria Burattini, Egle Sommacal e Stefano Pilia.
Si parla di “barbari”, di presenze che possono sopraggiungere a turbare la nostra esistenza, in grado di sconvolgere le nostre vite e distruggere le già esili certezze faticosamente costruite. “Il nemico avanza”, giorno dopo giorno, si impossessa del nostro territorio, scuote i nostri pensieri, turba i già precari equilibri, pone fine a tutte le utopie, alimentando disillusione e inquietudine. Quell’inquietudine drammaticamente resa da Mimì ogni qualvolta decida di alzare i toni, regalando brividi a fior di pelle. Nei suoi testi, sempre visionari e coinvolgenti, compaiono citazioni di John Cage e Mao Tse Tung.
L’orrore è alle porte, può sorprenderci “La notte”, fra impareggiabili istantanee di persone comuni che non smettono di lottare. Piccole storie che diventano universali. Per ogni Osama che verrà abbattuto (“Compound” è il racconto della sua fine) a decine saranno pronti a sostituirlo per mettere a repentaglio noi e i nostri affetti. “Vince chi resiste alla nausea, chi perde meno, chi non ha da perdere” (da “Dio delle zecche”, frutto di un cut-up di poesie scritte dal poeta e sociologo dello scorso secolo Danilo Dolci). E si resta lì, a contemplare gli avveniristici progetti di Richard Buckminster Fuller (“Dymaxion Song”) oppure il dolore che trapela dalle canzoni di “Vic Chesnutt” (“una corona di spine/ poggiata sul palco/ fra la chitarra e le spie”). Mentre la vita è vinta dall’attesa ed il vento scuote ciò che cede (“La cena”, scelta come singolo e forte di una coda simil-noise), corriamo incontro ai giorni che ci spettano (“Da dove sono stato”).
Tutto è visivamente sintetizzato dallo sguardo privato scelto per la copertina: un’opera di Ryan Mendoza che rappresenta due sorelle abbracciate, in atteggiamento di reciproca protezione, probabilmente pochi istanti prima di un evento doloroso che sta sopraggiungendo a rompere gli equilibri. “Aspettando i barbari” è un disco pieno di sferzate, calato con forza nell’ambiguità del presente, che stamperà per giorni nella testa dei fan i nuovi slogan di Clementi (“Vi piaccia o no” è quello che tutti canteranno a squarciagola durante i prossimi concerti). Ogni volta esce un nuovo disco dei Massimo Volume, nulla può più esser come prima.
Ora che la sera
Accorcia le ombre
Noi ci ritiriamo
E di fronte allo specchio
Come spose
Ci acconciamo
In onore dei barbari
26/09/2013