Fade.
E ti aspetteresti un disco in dissolvenza.
Ed in parte lo è.
Ma solo in parte.
Mai fidarsi troppo del titolo di un disco.
I tre cavalieri del sottobosco indie a stelle e strisce inaugurano il 2013 sfornando il tredicesimo album. Dopo tanti anni, e tanti lavori, è chiaro che Yo La Tengo sia considerato un nome intoccabile della scena alternativa mondiale, fra i più longevi attualmente in circolazione, visto che i primi passi furono compiuti dai coniugi Ira Kaplan e Georgia Hubley nel 1984 (il bassista James McNew entrò in pianta stabile solo all’inizio degli anni ’90).
Normale quindi che ogni nuovo disco marchiato Yo La Tengo (ma lo stesso dicasi per i vari progetti paralleli) venga atteso con particolare fervore sia dagli integerrimi sostenitori della band, sia dai più instancabili detrattori.
La principale differenza fra “Fade” e i dischi più recenti del trio è l’evidente sforzo di sintetizzare i tratti strumentali, evitando di dilungarsi inutilmente o virare verso percorsi troppo tortuosi. Ulteriore divergenza è data dal minore apporto delle chitarre, in favore di atmosfere sovente più rarefatte ed arrangiamenti che mal celano desideri di grandeur, con gli archi che in un paio di occasioni tendono a prendere il sopravvento.
Come spesso accade dalle parti dei Yo La Tengo, le due tracce più lunghe sono posizionate alle estremità dell’album. “Ohm” è il perfetto trait d’union con la fine del precedente “Popular Songs”, l’instant classic che tutti si augurano di trovare in ogni loro nuovo lavoro; “Before We Run” rappresenta invece il congedo appassionato e viscerale, l’epilogo di un percorso di dieci tracce che per metà rappresentano la sintesi di quanto fatto sinora dalla band e per metà lancia il trio del New Jersey nella costruzione di quadretti bucolici rilassati e armonici.
Ma andiamo con ordine: “Is That Enough” è un racconto della prateria, una di quelle idee alt-country rivedute e corrette in salsa Kaplan che ti fanno innamorare sin dal primo ascolto, “Well You Better” è un up-tempo sfizioso e gradevole, in grado di far muovere il culetto anche nelle giornate più disgraziate, “Paddle Forward” è l’arrembaggio più canonicamente (e malinconicamente nel tratto) alt-pop.
“Stupid Things” è il brano-ponte verso la tanto sbandierata dissolvenza, che si staglia davanti ai nostri occhi nelle meraviglie acustiche di “I’ll Be Around”, nella pace dei sensi di “Cornelia & Jane”, nelle visioni paesaggistiche e cinematiche di “Two Trains” e “The Point Of It”, forti di una classe e un’eleganza inarrivabile.
“Fade” è un disco confortevole, una casa sicura e inviolabile per tutti coloro che amano i suoni e le attitudini di Ira, Georgia e James.
Prodotto dall’esperto John McEntire, che oltre ad essere un affermato producer è noto nell’ambiente come drummer di Tortoise, Red Krayola e The Sea And Cake, “Fade” è stato registrato presso i Soma Studios di Chicago.
Chi si affretterà a prenotare la deluxe edition potrà godere di un sette pollici bonus con dentro due piacevolissime cover: “I Saw The Light” di Todd Rundgren e “Move To California” dei Times New Viking. La versione in vinile assicura anche un esclusivo coupon utile per scaricare una jam di ulteriori undici minuti.
Purtroppo il tour promozionale di “Fade” prevede una sola data in Italia, programmata il prossimo marzo al Limelight di Milano. Se sarete in zona, vi consiglio di non perdere la visione di un pezzo di storia musicale contemporanea, il quale nel 2013 conferma, assieme a Wilco, Walkabouts e pochissimi altri, di avere il passaporto per viaggiare su quella nuvola che ospita i grandi protagonisti del moderno american rock, scrutando tutti dall’alto ad anni luce di distanza.
04/01/2013