E’ fondamentalmente acustico il percorso solista prescelto da Chris Cornell dopo l’imbarazzante passo falso di “Scream”. “Songbook” nel 2011 imprimeva già questa netta direzione, che oggi risulta confermata dall’ascolto di “Higher Truth”. Evidentemente il musicista americano ha deciso di riservare le sfuriate elettriche al suo progetto storico, i Soundgarden, e apparire in quasi totale solitudine nelle scorribande solitarie, realizzando il proprio disco migliore dall’esordio “Euphoria Morning”, risalente al settembre del 1999.
In questi nuovi dodici pezzi (sedici nella deluxe edition, ivi compresa una remix version di “Our Time In The Universe”) danno una mano Brendan O’Brien (investito anche del ruolo di producer), Matt Chamberlain (batterista già con i New Bohemians di Edie Brickell e in molti lavori di Tori Amos) e altri amici, ma gran parte del materiale è suonato (e ovviamente cantato) da Cornell, compresi molti loop di batteria eseguiti elettronicamente. Il disco risulta intimo, ma rifugge da quell’essenza soporifera nella quale è, ad esempio, caduto il buon Vedder in “Ukulele Songs”: Cornell interpreta alcune tracce full band, arricchendole con arrangiamenti che spezzano l’andatura voce e chitarra, sempre comunque accompagnata almeno dagli archi (“Through The Window”, “Josephine”, “Let Your Eyes Wander”) oppure incentrati sul pianoforte (la riuscitissima title track).
Già l’iniziale “Nearly Forgot My Broken Heart” è programmatica in tal senso e, pur aprendosi sulle note di un mandolino, si tramuta presto in un arrembante singolo.
“Higher Truth” è un lavoro tessuto e pensato in acustico ma tutt’altro che spoglio, nel quale Chris si aggrappa a suoni romantici e confidenziali (“Worried Moon”, la sentita “Before We Disappear”) alternandoli a riusciti midtempo (“Dead Wishes”) e a brani musicalmente più sostenuti (“Murderer Of Blue Skies” presenta un solo di chitarra elettrica, “Our Time In The Universe” ha la forza di un uragano in mezzo a tanti momenti fragilissimi).
Poi ci sarà il bello di poterlo apprezzare dal vivo, e le prime date del tour americano mettono in risalto una scaletta sontuosa (trenta tracce eseguite a Seattle a fine settembre, con Mike McCready ospite sul palco e molti amici musicisti in platea) che pesca da tutti i progetti della sua carriera, dai Temple Of The Dog agli Audioslave, passando ovviamente per i Soundgarden. Un bel ritorno, per una voce che continua a sorprendere e un autore che dimostra di essere ancora in forma smagliante.
08/10/2015