Tutti sappiamo quanto sia difficile emergere artisticamente nel panorama contemporaneo e tutti sappiamo quanto sia ancor più difficile passare da perfetti sconosciuti a superstar planetarie in una manciata di anni. La storia ci insegna che sono rarissimi i casi in cui si verifica tale fenomeno, forse negli ultimi vent'anni solo i Daft Punk sono riusciti nell'impresa di sfondare pienamente qualunque porta. Come ogni cosa che ha un certo clamore mediatico, la critica musicale, sentendo il nome "Disclosure", si spacca in due: da un lato gli ottimisti gridano al miracolo, dall'altro i più reazionari/scettici sono prontissimi a stroncarli in maniera totale.
La verità è che se non è un miracolo quello dei Disclosure poco ci manca, e non sono solo i numeri a parlare: dalla loro entrata in scena abbiamo assistito, in due anni, a un ritorno di fiamma prepotente della nuova generazione di Uk-disco. E, diciamocelo: era un po' mancata dalle classifiche mainstream un certo tipo di musica danzereccia, spensierata, che strizza l'occhio sia alla disco music degli anni 90, dove la pista regnava sovrana, sia a un tipo di musica più intima e "introversa". Il loro ruolo è stato quello di catalizzare un'esigenza che era nell'aria da un po' di tempo; e se abbiamo potuto ascoltare nel corso del bienno passato gente come Route 94, Kiesza, Clean Bandit, dobbiamo quantomeno rendere atto ai due inglesini di aver scosso a dovere la matassa.
Le loro collaborazioni, inoltre, hanno proiettato nelle vette delle classifiche mondiali anche voci di cantanti pop come Jessie Ware, Aluna George e soprattutto Sam Smith. Non dimentichiamoci, infine che il loro album d'esordio "Settle", uscito nel secondo trimestre del 2013, è stato disco d'oro. Addirittura, il singolo "Latch" ha vinto il disco di platino: mica male, per due fratellini appena ventenni.
Nel frattempo, entrambi non se ne sono stati di certo con le mani in mano a crogiolarsi nel loro incredibile successo, e hanno continuato a creare sonorità che spopolano nelle chart di tutto il mondo. Con un hype davvero incalcolabile giungiamo così all'approccio alla loro seconda prova, "Caracal" (la scelta della cover è singolare e lascia molto all'interpretazione: il caracal, infatti, è un maestoso ed enigmatico felino che abita gli aridi paesaggi africani e del Medio Oriente.) Ma veniamo subito al dunque: con "Caracal" i due non hanno voluto rischiare. La formula è simile, forse troppo, a quella di "Settle", soprattutto se riprendiamo il paragone con gli stessi Daft Punk, che dopo l'esordio techno-funk di "Homework" si reinventarono ballerini graziosi e coloratissimi con il seminale "Discovery".
Tale scelta non sottrae comunque spessore al disco. I nomi in gioco sono addiritura superiori a quelli dell'album d'esordio: già con "Nocturnal" troviamo la collaborazione di Abel Tesfaye aka The Weeknd. E' una canzone bellissima, che richiama al synth-pop depechemodiano degli anni 80 con la voce sublime di Abel, a ricongiungersi con uno dei momenti vocalmente più importanti dell'intero disco: "Magnets", cantatata nientepopodimeno che da Lorde.
Tuttavia, il disco dopo l'eccellente introduzione non cattura più l'ascoltatore come fece "Settle" a suo tempo, ci sono sprazzi di luce come il ritornello di "Magnets", appunto, e della splendida "Jaded", ma il resto del disco rimane strutturalmente abbastanza asettico nell'ascolto. E' come se i due fratelli avessero prestato molta più attenzione alla cura delle singole voci presenti nell'album, piuttosto che rinvigorire la base elettronica, attitudine produttiva che in "Settle", invece, era a dir poco invertita. Financo la collaborazione con l'irrinunciabile Sam Smith in "Omen" non ha quel piglio magnetico che ebbe "Latch". Per fortuna che sul finire "Moving Mountains" e soprattutto "Bang That" alzano notevolmente l'asticella dell'interesse, grazie a quella cassa ritmata e coinvolgente che tanto ha fatto la fortuna dei Disclosure.
E così, alla seconda grande prova, i fratellini Lawrence hanno preferito mantenere il filo comune del loro successo iniziale, senza però riuscire a eguagliarlo del tutto. Una grossa occasione sprecata, purtroppo, che poteva veramente innalzarli a icone della musica disco del momento.
Al di là di tutto, "Caracal" rimane nel complesso un buon album e se ne sentirà parlare ancora per molto. D'altronde, i Disclosure hanno tutta una vita a disposizione per dimostrare il loro talento anche ai detrattori più accaniti.
07/10/2015