Galati

Gletscher

2015 (Psychonavigation - Tranquillo)
ambient
7.5

Conclusione della trilogia uscita per Psychonavigation e centrata su una serie di viaggi nell'estremo Nord del mondo, il nuovo album di Roberto Galati prende la forma del più classico fra i “grandi finali”. C'è dalla sua l'aver finalmente conquistato un posto di rilievo nella scena ambient italiana, missione riuscitagli in parte proprio grazie al contributo decisivo dell'etichetta irlandese, che ha deciso di cullarlo sotto la sua ala protettrice nonostante l'importante distanza tra il suo mondo sonoro e quello tipicamente illustrativo del catalogo. Si aggiunga a ciò una triade di album, quest'ultimo compreso, che restano fra le più impressionanti dimostrazioni di capacità evocativa attraverso il verbo atmosferico che si ricordino negli ultimi anni.

“Gletscher”, nello specifico, è sostanzialmente un flusso di coscienza in cui le immagini, in precedenza evocate con precisione e meticolosità, sgorgano irrefrenabili da ogni suono. Un doppio album costituito da undici suite, la più breve delle quali sfora i sei minuti. Proprio la mole di materiale ha probabilmente portato alla scelta (in tal caso obbligata) dei due cd, poiché in realtà il racconto, privato definitivamente di ogni coordinata temporale, va inteso come un continuum dal primo istante del primo disco all'ultimo suono del secondo. Galati torna a narrare di viaggio su due livelli: il viaggio alla ricerca di sé e quello alla ricerca dell'altro-da-sé, intendendo con quest'ultimo un allontanamento il più possibile efficace da sé.

Le due pratiche sono complementari e necessarie l'una al compimento dell'altra, e si riflettono entrambe nel soundscape più intenso e complesso che il musicista italiano abbia mai realizzato. L'immersione iniziale di “Qalerallit” è in tal senso già decisiva, un quarto d'ora scarso di droni in riverbero, arcani maestosi e mutazioni ritmiche - queste ultime vere novità nella tavolozza dell'artista – in un climax tesissimo che si intensifica fino alla veloce sfumatura del finale.
Dinamismo è la parola chiave che distingue “Gletscher” dai suoi predecessori e a dimostrarlo sono anche le esplosioni vulcaniche di “Qooqqup”, il dub sotterraneo e glaciale di “Rongbuk” e i rintocchi scuri che muovono le stalattiti cristalline di “Kiattuut”.

Ogni istante rivela un'intensità emotiva semplicemente indescrivibile, anche laddove sofferenza e alienazione si affacciano portando il mood alle estreme conseguenze, come nello stridore raggelante di “Hopar”, nell'inquieto notturno di “Hispar” e nella rarefazione isolata di “Gharesa”.
Le due metà di “Siachen” sfiorano il contatto con le maestose architetture di Tim Hecker, e tutto il disco trasuda una sacralità pagana nascosta fra caverne, ghiacciai e distese di neve, frutto della dialettica di cui sopra tra il sé e l'altro-da-sé. Galati rivela qui ancor più che nei lavori precedenti la sua incredibile capacità di sound designer, riproducendo sostanzialmente due paesaggi sonori in uno e dimostrando una simmetria tra soggetto e oggetto, con il viaggio eretto a luogo e mezzo della (ri)scoperta.

Nei momenti conclusivi è racchiusa infine l'identità più profonda del lavoro: in “Godwin-Austen” gli arpeggi trasfigurati della chitarra di Federico Mosconi, altra grande scoperta di casa Psychonavigation, si uniscono al tessuto narrativo, mettendo l'accento sulla sua componente squisitamente sensoriale. I venti minuti di “Shelkar Chorten”, infine, fungono da sostanziale riepilogo dell'intera avventura, riattraversandone tutte le fasi, gli umori e recuperandone i passaggi evolutivi, e costituiscono il momento al tempo stesso più importante e più slegato dal viaggio. Vale a dire il ricordo, l'unica modalità attraverso la quale esso permane attuale nel presente della coscienza.

09/09/2015

Tracklist

Cd1

  1. Qalerallit
  2. Hopar
  3. Gharesa
  4. Siachen I
  5. Kiattuut
  6. Qooqqup
  7. Rongbuk

Cd2

  1. Siachen II
  2. Hispar
  3. Godwin-Austen (feat. Federico Mosconi)
  4. Shelkar Chorten

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