Lo spazio non è più lo stesso, il concetto di infinito e lo stupore del viaggio non hanno più quel suono evanescente e confortevole che avevamo immaginato. È questo il significato che sembra celarsi dietro il nuovo progetto di Sarah Lipstate, ragazza del Texas, musicista e regista alle prese con il suo nono capitolo discografico, abile chitarrista già alla corte degli One Umbrella e dei Parts & Labor, collaboratrice di Rhys Chatham, Aidan Baker, Carla Bozulich, Cold Cave, Thisquietarmy, nonché elemento dell’ensemble delle cento chitarre del musicista avantgarde Glenn Branca.
È passato del tempo dalle prime registrazioni e dagli album in cd-r, le asperità quasi drone-metal hanno lasciato spazio a incursioni più ambient-noise o post-rock, con lo spettro della ripetitività che incombe su ogni nuova uscita discografica. La Lipstate prosegue sulla strada di “Desert Fires”, dalla poesia ricca di riverberi del fuoco nel deserto ora mira in alto verso lo spazio, evocando anni e anni di viaggi stellari che risiedono nella mente di incauti esploratori dell’anima.
Fioccano suoni maestosi e celestiali nell’apertura di ”Into The Dunes”, che trovano riposo nella sognante “No Unholy Mountain”, la quale in pochi minuti trova l’anello mancante tra le ambizioni dei Cocteau Twins e le utopie dei Seefeel. L’estasi della scoperta e della bellezza sono ora più vicine: Sarah oltrepassa idealmente il fiume della prevedibilità concentrando in “Rubicon” un fragore lirico che suona delicato e imperturbabile. Il dettaglio diventa più importante, l’estetica trova terreno fertile nel gioco di riflessi sonori quasi acquatici ed eterei di “Concrete Dreams”, per poi mettere l’immaginazione a frutto nelle strutture più post-rock di “Pulse Point”, quasi a ricordarci che il termine ambient-drone sta sempre più stretto a un percorso stilistico che resta coerente, nonostante la mutazione delle atmosfere.
Noveller è un nome al quale viene facile associare lo sdoganamento del genere, dinamico e fluido (“Growing”), oppure riflessivo e introspettivo (“In February”). In “Fantastic Planet” la musica di Sarah Lipstate suona sempre più concreta e definita, uno spiraglio di luce che vi permetterà di accedere a un pregevole album strumentale, che suona come una promessa più che una conferma.
Ora restiamo in attesa di un ulteriore impeto della scrittura, che riesca a compensare le inevitabili défaillance strutturali e compositive che scortano la sua comunque brillante carriera di chitarrista. La passione per la filmografia ha spostato definitivamente la sua musica verso l’ambient-soundtrack, le immagini sono sempre più vivide, ma il passo decisivo verso l’autonomia stilistica pur se breve è irto di pericoli. Non ci resta che attendere fiduciosi, rincuorati e dilettati dai 38 minuti di “Fantastic Planet”.
09/02/2015