Diciotto anni sono tanti, ma sono stati necessari agli A Tribe Called Quest (ATCQ) per pubblicare il sesto, nonché ultimo, album della loro carriera come gruppo. In diciotto anni il mondo è cambiato, sono successe miglialia di cose. La loro NY è stata protagonista di attentati che hanno segnato un'era (11 Settembre), un biondo magnate, che diciotto anni fa pensava a costruire immensi palazzi, sperimentava qualche bancarotta e progettava reality show, oggi è Presidente degli Stati Uniti d'America. Per un gruppo che da sempre è stato di rottura e che ha avuto al centro dei suoi contenuti la società e la politica, diciotto anni sono tantissimi.
La tragica morte, avvenuta a inizio 2016, di Phife Dawg aveva spento la speranza di molti fan che aspettavano l'uscita di questo lavoro che da tanti anni sembrava vivere in un limbo misterioso. Tuttavia, fortunatamente, "We Got It From Here… Thank You 4 Your Service" è stato pubblicato. Formato da due dischi da 8 tracce l'uno, regala circa un'ora di puro hip-hop newyorkese, in perfetto stile ATCQ. Molti gli ospiti, tra vecchi amici e nuovi talenti. Sì, perché oltre all'immancabile Busta Rhymes, ci sono colleghi del calibro di Consequence e André 3000, ma anche Kanye West, Kendrick Lamar e Anderson .Paak. Perfino Elton John e Jack White compaiono in questo album, che vuole essere una grande festa di addio da parte di uno dei gruppi che più di tutti ha segnato il mondo hip-hop, flirtando costantemente con sonorità jazz e con la politica, pur rimanendo fortemente legato all'identità della propria città. Nonostante la morte, Phife è riuscito a dare il suo contributo (oltre a scegliere il titolo) mentre Ali Shaheed Muhammad, pur comparendo nei credits, non ha partecipato alla produzione completa del disco.
Q-Tip e Jarobi hanno confezionato quello che rappresenta veramente il canto del cigno.
"The Space Program", la prima canzone, è quella che più di tutte rappresenta la congiunzione perfetta con quello stile ATCQ che tanto li ha contraddistinti. I tre si intendono alla perfezione, eguagliando i loro migliori lavori di gioventù e forse addirittura superandoli. Non hanno più nulla da dimostrare, sono consapevoli di essere dei nonni, che tuttavia potrebbero "portare a casa" la maggior parte dei colleghi più giovani sia dal punto di vista del flow che delle lyrics. "We The People", ribadisce all'ascoltatore la volontà degli ATCQ di voler creare un disco senza tempo. Potrebbe essere stato pubblicato veramente diciotto anni fa, oppure tra cinque anni. L'aggettivo di instant classic, forse, può essere utilizzato per una volta senza esagerazione. "Dis Generation", la traccia più bella dell'album anche grazie all'azzeccata presenza di Busta Rhymes, vuole rappresentare le differenze tra la vecchia e la nuova scuola. Il tutto viene però realizzato con il massimo rispetto, almeno verso una ben precisa categoria di artisti, come appare del verso "Talk to Joey, Earl, Kendrick, and Cole, gatekeepers of flow, they are extensions of instinctual soul. It's the highest in commodity grade, and you could get it today".
Sono molte le tracce riusciute di questo bellissimo album: "Lost Somebody", "Ego", "Mobius"... "We Got It From Here" è semplicemente un disco che riesce ad apparire spontaneo. L'addio di un gruppo che ha inciso moltissimo nel suo genere e che decidendo di non (s)vendersi o di non snaturarsi, è riuscito a confezionare un prodotto autentico.
Per i tanti fan, è un album che riesce a far stare bene. Non sono molti gli artisti che riescono a esprimersi su questi livelli a fine carriera. Gli A Tribe Called Quest ci sono riusciti: i tre si dimostrano all'apice della loro forma, non ci sono punti bassi (forse solo le collaborazioni con la "new generation"). Q-Tib si rivela un produttore fuori dal comune, oltre che un mc tra i più dotati in circolazione, Phife e perfino Jarobi non sono da meno e garantiscono una qualità costante. Insomma, se tutti gli addii fossero così...
23/04/2017