La principale creatura di Malcom Catto l'abbiamo seguita e ammirata sin dai primi passi, concretizzati nel 2007 all'interno del caleidoscopico e illuminante "Out There". Catto non solo è un dotato batterista (ha lavorato fra gli altri con DJ Shadow) e un apprezzato produttore, ma dimostra una visione avanguardistica della materia musicale, e ha portato nel corso di un decennio gli Heliocentrics a collaborare con importanti nomi della scena world e jazz.
Dopo gli apprezzatissimi lavori condivisi con Mulatu Astatke, Lloyd Miller, Orlando Julius e Melvin Van Peebles, il combo torna a produrre materiale in solitudine, ed è di nuovo un'esplosione di suoni e colori.
Non solo free jazz sopraffino ("The Pit", "Looking Back"), ma anche odissee ritmiche ("Thunder & Lightning"), sperimentazioni rumoriste ("Night And Day"), viaggi interstellari ("Outer Realms Pt. 2"), etnicismi assortiti ("Noises And Conversations", "Mass Psychosis"), groove irresistibilmente funky ("Discovery"), atmosfere da spy story ("The Five Thing") e la solita fascinazione per le tematiche spaziali (un po' ovunque).
Si parla tanto in questi mesi (e a ragione) di Kamasi Washington ma, mentre il sassofonista americano rilegge il jazz in chiave "classica", Malcom Catto con i suoi Heliocentrics cerca misture se non proprio inedite, quantomeno ardite e sempre assolutamente gradevoli. E senza mai tediare l'ascoltatore con l'eccessivo minutaggio, bensì puntando con decisione sull'estrema sintesi (soltanto sette tracce su diciannove valicano il recinto dei due minuti).
Magari sorprende meno rispetto al passato, ma se dovessimo individuare il più degno continuatore dell'opera portata avanti per decenni da Sun Ra, questo non potrebbe essere che lui.
16/06/2016