Dopo i sopravvalutati “Senontipiacefalostesso Uno” (2013) e “Senontipiacefalostesso Due” (2014) a nome Officina della Camomilla, il nuovo bardo acuto, nerd e loser dell’alternative italico Francesco De Leo registra in solitaria il colosso di “Soutine Twist” (2014), due ore di registrazioni (in bassissima qualità) di strimpellate senza forma, pernacchie, zufoli, basi e distorsioni industriali, elettronica mostruosa, campionamenti di ogni genere, un coacervo sconsiderato e anarchico che ha più in comune con “Ummagumma” e “Twin Infinitives” che con quanto prodotto finora come cantautore pop.
E’ lo spartiacque della sua carriera. “Palazzina Liberty”, di nuovo a nome Officina, beneficia di quell’esperienza non tanto negli interludi elettronici vintage (il carillon sformato di “Intro Omny”, la goa-trance di “Triangolo Industrial”, il rumorismo di “Macchina Metallica”), né tantomeno nella serenata dal titolo fuorviante “Soutine Twist” (l’unico momento ancorato al logorroico tono lo-fi), ma soprattutto nelle due soundscape di media durata. La prima, “Noise sull’oceano”, sono 7 minuti di trance electro-concreta di tuoni, fulmini e tifoni, con qualche sparuto tocco jazz-blues in mezzo alla tormenta. La seconda, “Altri posti”, sono 8 minuti di trance psichedelica persiana, dai vaghi impasti trascendenti-alienati che sfiorano Glenn Branca.
Anche le canzoni guadagnano in scrittura e vibrazione: la title track dal furore garage-rock, un martellamento raga-rock persino degno dei Velvet Underground, e un canto-mantra, è solo vagamente imparentata con le filastrocche del suo passato. A parte “Ex-Darsena”, la sua versione college-pop nello stile dei secondi Cure, la stessa febbricitante instabilità pervade uno stregato tango in rima alla Vinicio Capossela come “Signora del mare”, uno stornello circense come “Mio Fior Pericoloso”, e una ballata altrettanto onirica ed esotica come “Penelope”.
Scritto, registrato e prodotto dal solo De Leo. Era quello che ci voleva in termini di varietà stilistica, talvolta azzardata se non spericolata, musicalità febbrile, sentimento, pathos d’insieme. Poca attenzione alle liriche, che per effetto contrario ne guadagnano pur rimanendo criptiche, e molta invece all’impianto sonoro. Concept pseudo-apocalittico con una mentalità da compositore tout-court, una piccola svolta rara nell’ambito italiano, specie in quello melodico. Notevole anche la direzione degli ospiti (soprattutto il violino di Fausto Cigarini, ma anche le tastiere mutanti di Andrea “Sig Solo” Cipelli).
03/03/2016