I ragazzi di Kendal con le loro ingenue e dolcemente perverse pagine di "Limbo, Panto" e il lirismo lussurioso di "Two Dancers" hanno modificato i canoni del revival synth-pop, disorientando la critica ed entusiasmando il pubblico, affascinato anche dall'eccelsa presenza scenica del gruppo e dalla consistente qualità dei loro concerti.
Senza timori o calcoli, la band ha accelerato il processo di crescita intellettuale e creativa, concretizzando con "Smother" la sublimazione della catarsi passionale, sostituendo parte delle chitarre con intrusioni elettroniche rarefatte e armonicamente più fluide e misteriose.
Con "Present Tense" i Wild Beasts si sono convertiti alle logiche del pop da classifica, incorniciando le loro attitudini naif in ambiziose e magmatiche melodie, in bilico tra insolenza ed esistenzialismo.
È raro assistere a un'evoluzione artistica così energica e repentina come quella messa in atto dai Wild Beasts, una crescita che è in parte affine a quella naturale del loro pubblico: una rara sinergia che certifica lo stato di grazia creativa della band, che al quinto capitolo del proprio percorso musicale vanta una padronanza di linguaggio e un'encomiabile e costante qualità produttiva.
"Boy King" rimette in gioco lo stesso dualismo dei precedenti album, oscillante tra romanticismo e disgusto, tra tenerezza e sessualità sfrenata, reinventando i canoni della mascolinità e dell'androginia con nuove icone fisico-psichiche, la femmina alfa ("Alpha Female") è la nuova figura da idolatrare dalla quale nasce il "Re" della moderna virilità, non più legata alla fruizione sessuale e carnale ("He The Colussus"), quasi a rinverdire il conflitto all'interno della sessualità maschile, mentre la musica è sempre più unta di soul ed elettronica con un'energia che resta imbrigliata in un'ossessiva malinconia di fondo.
Musicalmente "Boy King" è l'album del ritorno al pop, ma il tutto è imbrattato di torture elettro-rock e oscuri presagi di morte. Le luci al neon che sottolineavano gli ambienti notturni degli ultimi due album sono ora graffiate e malfunzionanti, e ai tessuti di seta e alle pulsioni adolescenziali di Orange Juice e Smiths si sono sostituiti giubbotti di pelle e i Nine Inch Nails.
Linee pulsanti di basso ed elettronica scalfiscono le indolenze del passato, e il funky-soul fa capolino alla maniera degli Yazoo ("Tough Guy"), mettendo a nudo sensualità e desiderio ("Big Cat"), ma senza inseguire pulsioni mainstream ed evitando accuratamente il potenziale hit single da classifica ("Celestial Creatures").
"Boy King" è a tutti gli effetti un progetto unitario e non una raccolta di canzoni, anche se "Get My Bang" è una di quelle melodie che qualsiasi band pop vorrebbe avere in repertorio.
Non si può altresì negare che alcuni episodi più che elevare il tono fungono da collante ("Ponytail"), ma quando il cerchio si stringe ("2BU") diventa difficile pensare a una sintesi più riuscita di ritmo e armonia.
In passato, quando band come Aztec Camera e Scritti Politti hanno intrapreso il percorso della contaminazione american-soul, l'inaridimento era dietro l'angolo; spesso dietro grinta e flussi d'elettronica si celano le prime crepe, e "Boy King", nonostante sia avvincente e denso, rischia di trasformarsi nel loro "Peace At Last" -per coloro che conoscono bene il succitato terzo album dei Blue Nile è ben chiaro quale siano le paure e i timori che il fascino sensuale e avventuroso del quinto album dei Wild Beasts non riesce del tutto a sopire.
Spulciando nella limited edition si scorge però un'insolita bonus track di oltre venti minuti, "Boy King Trash" (altri due inediti sono inclusi in un 7 pollici), che tra scampoli di demo e interludi elettro-acustici annuncia evoluzioni noise e astrazioni armoniche, che potrebbero ancora una volta modificare il percorso stilistico della band.
Thorpe e compagni si sono sempre dimostrati capaci di sacrificare parte del proprio fascino pur di affrontare nuove sfide, noi restiamo in attesa, cullati dalla grazia e dalla potenza di quello che a tutt'oggi appare (e sottolineo appare) come il capitolo meno imponente della loro carriera, e che in converso sancisce la fine del sogno e dell'illusione adolescenziale, introducendo la band e il suo pubblico nella più inquieta e poco rassicurante realtà.
(25/08/2016)