Alejandro Ghersi, in arte Arca, ha iniziato una nuova fase artistica. La prima, in qualche modo culminata con "Mutant" (2015) e il mixtape sperimentale "Entrañas" (2016), era dedicata interamente al suono del producer. La presente, varata da "Arca", inizia a ospitare anche l'animo dell'artista. Principale mezzo di espressione diventa allora, dopo ormai un lustro dalla fondazione del progetto, la sua voce.
Ciò che ne risulta è una forma di song ripiegata su se stessa, spesso distante anni luce dai club e anzi ben piantata in una landa plumbea, purgatoriale. Così è per il canto di contraltista sospeso tra fischi nel vuoto di "Piel", l'aria eterea, traviata di "Sin Rumbo", una "Coraje" che sembra a tratti avvicinarsi al melisma di Annette Peacock. Il procedimento si spinge fino al rischio d'essere inconcludente, in bozzetti irrisolti, ridotti a puri brividi di vertigini, cantati ai limiti delle possibilità ("Miel", "Fugaces").
Dall'altro lato, Ghersi non riesce a evitare l'effetto stereotipico Yorke-Bjork. "Anoche" fallisce l'obiettivo lirico accontentandosi di un remix digitale di un cantico cubano. Affascinante sulle prime, "Reverie" è in realtà una disordinata creazione cubista. "Desafio" si butta - senza remore, ma con levità - sul versante del nuovo synth-pop guidato dall'analoga transizione di M83 di "Hurry Up".
Nemmeno i momenti strumentali - a parte "Sanuter", curiosa versione appena più turbolenta degli Art Of Noise - riescono a compensare cotanta arroganza. L'orologeria drum'n'bass di "Castration" e il ritmo contagioso con piano charleston di "Urchin" servono di certo a confermare lo sgombero dal caos, ma non sono tra le sue migliori dimostrazioni d'abilità.
Tanto coerente nella melanconia, pervasiva e veracemente acuta, quanto confuso nei modi di espressione, è il disco di Ghersi che tutto acchiappa, fin dal titolo. Poca fascinazione per il rumore e troppa per lo stile, appiattito su un'atmosfera contrita che fa rimpiangere il primo James Blake e che nondimeno drena fantasia e impiega troppo nella lamentazione, si riabilita nella classe levigata, l'eleganza androgina e il suo ormai classico immaginario sovra-musicale alieno (ma in realtà ora molto più umano) che, qui, conta quasi più della sostanza. Lo testimoniano i clip rilasciati a mo' di singoli con pause strategiche su YouTube che ne hanno anticipato l'uscita: "Sin Rumbo" che data persino 2016, "Piel", "Desafio", "Reverie", "Anoche".
18/04/2017