Daniel Romano

Modern Pressure

2017 (You've Changed) | psych-folk, songwriter

Grafico e poeta ma soprattutto songwriter - da solo, in collaborazione con Julie Doiron e Frederick Squire o alla testa degli Attack In Black - Daniel Romano è un artista canadese più volte in lizza per il Polaris Music Prize e il Juno Award. Assieme al connazionale Steve Lambke, frontman dei Constantines, è anche proprietario della piccola label che pubblica i suoi dischi, la You’ve Changed Records, un repertorio che con il nuovo “Modern Pressure” taglia oggi il traguardo delle sette uscite su lunga distanza in altrettanti anni. Dopo le esperienze country-bluegrass e gli impliciti, reiterati omaggi a Gram Parsons e Willie Nelson (ma approntati con lo stesso piglio alternative di un Ryan Adams), questo nuovo lavoro – registrato in solitudine in una baita svedese suonando di tutto (chitarre, tastiere, stramberie e frattaglie percussive) e poi arricchito assieme al fido Kenneth Roy Meehan, quest’anno già al servizio degli Alvvays, con guarnizioni di archi e fiati solo successivamente, in uno studio nell’Ontario – approfondisce l’opera di revisione e la generale weirdness del precedente “Mosey”, spalancando nuove prospettive per il suo talento onnivoro nella direzione di una psichedelia pastorale in zona Lee Hazelwood.

Il disco è tutto speso all’insegna di una gaiezza che va a delineare un bel contrasto con l’idea di isolamento in cui ha visto la luce. Romano vi sprigiona un’incessante energia e recita con lo stesso ammirevole brio di un Ezra Furman, artista non così distante da lui a guardar bene. E’ la title track a scaraventarci, giusto un passo dopo il via, in una lussureggiante riserva seventies tra soul e decorativismo psych-folk, per quanto non sia solo il tenore degli arrangiamenti (che a tratti ricordano certi sfarzi barocchi di Rufus Wainwright) né l’esattezza filologica delle sonorità a suggerire questa impressione, visto che Daniel sembra proprio per indole (tralasciando quindi un corredo esteriore da sempre votato al camaleontismo) uno strano personaggio di quei tempi andati. Il coloratissimo chamber-pop approntato per l’occasione non promuove alcuna rivoluzione eccetto quella personale, un sorprendente volteggio espressivo che non relega mai sullo sfondo, peraltro, le qualità di una scrittura sì classicista ma anche piuttosto ispirata.

L’ambientazione resta enfatica e orgogliosa il giusto nel suo insistere su modalità estetiche dal chiaro taglio vintage. Ma il viaggio sulla macchina del tempo del Nostro, a tratti teso alla pura contemplazione, a tratti alquanto ruspante, non prevede particolari controindicazioni se si è disposti ad accettare di buon grado questa sorta di magica immersione. Guizzante e caricaturale come un folletto, il Romano interprete intrattiene con lo charme un po’ ambiguo del primissimo Bowie (“When I Learned Your Name”) e ostenta una leggerezza a tutto campo che è in realtà assai meno fatua di quanto le frivole inflessioni lascino intendere, anche nei frangenti più smaccatamente androgini (“Sucking The Old World Dry”). Negli episodi meno orientati all’esasperazione, per converso, Daniel ha modo di confermarsi come un cantore del marginale e del quotidiano incline a un felice romanticismo, sentimentale ma non sentimentalista, nostalgico ma attento a non scivolare per colpa di quegli stessi incanti che ha tratteggiato.

Irriducibilmente positivo come Brendan Benson, dolce e acidulo come McCartney e a tratti pronto a cedere alle lusinghe lisergiche del George Harrison più ardito (“I Tried To Hold The World”), il canadese si aggrappa a queste litanie pastorali dallo scintillante fulgore come a un astruso codice intimo, ma riesce se non altro a raccontare un presente intriso di rammarico e disorientamento (il mantra “What’s To Become Of The Meaning Of Love”).
Difficile, insomma, riconoscere in “Modern Pressure” qualcosa di diverso da un gioiellino di rara coerenza, per quanto, prevedibilmente, il disco sia destinato a venire frainteso come l’eccentrica uscita dal seminato dell’ennesimo revivalista naif. Qualora dopo l’ascolto non vi ritrovaste a essere di questo avviso, fate assoluto tesoro del nome di Daniel Romano, artista non certo modaiolo ma davvero interessante e tutto da (ri)scoprire. 

(12/01/2018)

  • Tracklist
  1. Ugly Human Heart Pt. 1
  2. Modern Pressure
  3. Roya
  4. The Pride Of Queens
  5. When I Learned Your Name
  6. Sucking The Old World Dry
  7. Ugly Human Heart Pt. 2
  8. Impossible Green
  9. Jennifer Castle
  10. Dancing With The Lady In The Moon
  11. I Tried To Hold The World (In My Mouth)
  12. What's To Become Of The Meaning Of Love
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