L'iniziale "Diamonds" sostanzialmente fa l'appello; e non manca nessuno: crepitio frenetico Philip Glass-iano, pulsazione alla Jean-Michel Jarre, droni agrodolci stile Vangelis e a corredo il battito "autostradale" dei Kraftwerk. "Antidote" riporta genuinamente ai climi mitologico-futuribili dei film di John Carpenter. La traversata più epica è quella di "Asteroid Dust", quattordici minuti, sulla cadenza di synth presa dalla "I Feel Love" di Moroder.
Fortunatamente, però, non c'è solo competente oleografia. A parte la fascinosa ma indecisa "Deep Shelter", ancora alle prese con increspature elettroniche e vocoder, la frenesia supersonica alla Underworld di "Alto Velocidad", con vocalizzi di soprano, riporta ai suoi Manorexia. Ancor più autentici e personali sono i ricami horror, i contrasti brutali, i tonfi elettronici che irrorano "Pink Eye".
Vuoi per la densità e l'elevato ritmo, per la maturità e la mano sapiente nel montaggio sonico, oltre che nello studio di registrazione (aiuti di Al Carlson, già con Oneohtrix Point Never), e, al contempo, per la classe nelle rifiniture, queste cineserie d'antiquariato mutano - anche illusoriamente - in sonate d'avanguardia. Alto esperimento di laboratorio basato su scarti: pur nell'incanutimento, v'è sempre la natura del Thirwell compositore, nonostante l'aura compromissoria, decadente dell'operazione. Cameo di chitarra riprocessata di Noveller in tre brani.
(16/06/2017)