Esistono soltanto le coincidenze, dicono: ciò non toglie che la notizia dell’inedita collaborazione artistica tra William Basinski e Lawrence English sia giunta proprio nei giorni in cui mi sono deciso ad affrontare seriamente, per la prima volta, la Commedia dantesca; ed è nel secondo dei famosi versi iniziali del poema che viene menzionata la “Selva Oscura”, l’ineludibile foresta oltre la quale si celano le porte dell’Inferno.
A partire da queste premesse sarebbe quasi scontato incorrere in due facili supposizioni: che nel presente album possano celarsi non soltanto i più tetri e asfittici paesaggi sonori di cui siano capaci i due maestri contemporanei, ma addirittura una sorta di nuovo Sacro Graal della composizione ambient/drone – idealmente una incontro storico al pari di “The Pearl” a firma Eno/Budd.
Ma gli esperti del settore potrebbero addirittura considerare Basinski e English come due opposti, due polarità difficilmente conciliabili nell’ambito della musica d’atmosfera: l’uno più “naif” e sensibile alla poesia del caso, quasi succube della meraviglia originata dalla ripetizione ciclica di un nastro o dalla progressiva accumulazione di texture; l’altro scientifico e disincantato, avvinto dalle fenomenologie del suono e dalla sua possente fisicità.
L’unica mediazione possibile era, in effetti, quella di incontrarsi in un territorio neutrale, così come la scelta dell’etichetta non ricade su 2062 o Room40, bensì sulla Temporary Residence Ltd. che ha dato alle stampe il box retrospettivo dedicato alla serie “The Disintegration Loops”. I due sound artist scelgono dunque di non operare una difficile somma delle parti: sembra piuttosto che entrambi prendano le distanze da un diretto coinvolgimento, abbandonandosi a uno stato di contemplazione assoluta al cospetto della materia sonora, conservata a un livello pressoché elementare.
Le suite sui due lati dell’Lp tracciano così una “topografia acustica” ispirata al concetto di “strano familiare”: l’ignoto che per approssimazione ci risulta già noto, vissuto in mille altre forme; un tenue impaccio sperimentato da chi, come i due musicisti, ha viaggiato il mondo e appreso i tratti comuni a ciascuna cultura, superando poco alla volta il perpetuo senso di spaesamento.
Riscoperta anche grazie a una recente compilation di brani ambient su PAN, l’espressione giapponese “Mono No Aware” identifica il sentimento di meraviglia e arrendevolezza verso la splendente caducità della natura, dell’esistenza nel suo multiforme insieme. Ed è in questo caso, più di tanti altri, che si può realmente parlare di “affresco” sonoro: un processo iterativo che è tutto gradazione e sfumatura, un perpetuo transitare tra micro-variazioni sulla tonalità dominante che, di pari passo, lentamente si sposta e cambia di segno in maniera quasi impercettibile, tra tiepido lucore e opacità.
La comprovata capacità di simulare un orizzonte acustico sconfinato, in ogni direzione e prospettiva, è comune anche alla traccia titolare che occupa il secondo lato: di matrice più eminentemente drone, “Selva Oscura” è percorsa da un mutevole substrato che ne differenzia alcune fasi principali, dall’afflato solenne e quasi “sinfonico” dell’incipit a una lunga e vibrante depressione centrale, sino a una risoluzione ariosa e imperturbabile dove ogni ombra si dirada e lo sguardo è ricondotto alla tersità interiore assaporata al principio del viaggio.
Sembra quasi inevitabile che le opere collaborative a firma dei nomi più prestigiosi non riservino particolari sorprese, ma piuttosto rappresentino dei saggi di stile atti a confermare la statura e il know-how compositivo dei loro autori. Vale a dire: se in tanti oggi sono in grado di plasmare soundscape paragonabili a quelli di “Selva Oscura”, è perché gli stessi Basinski e English – tra gli altri – hanno fornito un esempio di coerenza e integrità artistica tali da qualificarli come visionari, né più né meno di quanto traspare da questo Lp, indubbiamente “classico” eppure nondimeno intenso.
12/10/2018