E’ ormai chiaro che il vero punto di contatto tra i Fire! e la musica jazz è l’improvvisazione, nonché la conseguente rilevanza strutturale all’interno di un processo creativo che estingue i confini stilistici, infatti per il trio svedese il termine "jazz" è indicativo solo di un’attitudine, di un approccio. Questa premessa è ancor più importante ora che “The Hands” introduce senza pudori e incertezze la musica di Mats Gustafsson, Johan Berthling e Andreas Werliin nelle pieghe oscure dell’hard-rock.
L’apparente rivoluzione avviene senza rinnegare nulla del passato, anzi sviscerando tutto quell’ardore che alimentava le furiose e imprevedibili deviazioni armoniche di album come ”Without Noticing”, che già corteggiava altri stili, come il kraut-rock o l’elettronica dei Tangerine Dream, con immacolato candore e necessaria irriverenza. Già dalle note dell’introduttiva title track è evidente che siamo di fronte a una delle migliori esternazioni della carriera di Mats Gustafsson, c’è un urgenza nei riff alla Hendrix e nell’intreccio tra basso e batteria in perfetto stile metal che travolge i sensi, permettendo all’ascoltatore di penetrare nelle maglie più complesse di un disco dalle molte anime.
Sono i Black Sabbath degli esordi o i Cream di “Wheels Of Fire” il canovaccio sul quale i Fire! articolano gli incessanti e a volte brutali slanci sonori di sax, basso e batteria, sfiorando addirittura il gothic-metal e il doom nell’austera e criptica “To Shave The Leaves, In Red, In Black”. In questo nuovo assetto sonoro il trio svedese sembra muoversi con più sicurezza e originalità, riuscendo perfino a smorzare quelle rigidità tonali che distaccavano il loro operato da quello più malleabile e complesso di Evan Parker, aggiungendo nuovi orizzonti avantgarde che trovano la loro apoteosi nell’imprevisto finale di “I Guard Her To Rest, Declaring Silence” dove i Fire! gettano via tutta l’irruenza per accarezzare toni riflessivi e gentili.
Alla stessa maniera di Colin Stetson con il progetto Ex Eye, la band esplora il lato oscuro della contaminazione jazz, scavando nelle tenebrose maglie goth che relazionano i Van Der Graaf Generator con Albert Ayler (“When Her Lips Collapsed”) o la scena metal europea con il rock sperimentale (“Touches Me With The Tips Of Wonder”). Con “The Hands” i Fire! mettono a segno l’album più completo e stimolante della loro discografia, suggellando l’attuale stato di grazia con un diabolico funk-jazz (“Washing Your Heat in Filth”) dove il virtuosismo ritmico di Andreas Werliin si eleva al punto da suonare come un’orchestra virtuale in preda a un'estasi free-jazz di rara bellezza, con Gustafsson che trascende i limiti tonali e un sempre preciso Johan Berthling pronto a riempire alcuni dei vuoti creati intenzionalmente al fine di far librare la fantasia e smuovere il corpo.
Se avevate delle aspettative, sappiate che il trio svedese questa volta non solo vi accontenterà, ma potrà perfino stupirvi.
01/02/2018