Per chi se ne va improvvisamente nulla può davvero fungere da testamento, e dunque potenzialmente tutto. Di certo l’islandese Jóhann Jóhannsson non ha goduto soltanto di riconoscimenti postumi, ma in qualche modo le uscite successive alla sua scomparsa ce lo fanno sentire ancora vivo e prolifico, oltre a rimarcare il progressivo affinarsi di uno stile compositivo che sèguita a fare scuola.
La storica Deutsche Grammophon, principale firmataria tra i numerosi contratti discografici, si è attivamente fatta carico di onorare la memoria del maestro nordico con la pubblicazione di una retrospettiva, della riedizione per i quindici anni dell’esordio “Englabörn” e di una delle ultime colonne sonore (“The Mercy”).
Commissionato dalla Richard Thomas Foundation e dedicato da Jóhannsson all’amico e pittore tedesco, “12 Conversations With Thilo Heinzmann” ha avuto la sua live première nel 2016 presso la Conway Hall di Londra, ed è oggi presentato nell’esecuzione della formazione belga Echo Collective. Si tratta del primo vero quartetto d’archi dell’autore: nel tempo questo organico si è imposto come “barometro” eccellente nell’interpretazione dei mutevoli zeitgeist che hanno costellato la storia della musica dal Settecento ai giorni nostri. A lato dell’insanabile disgregazione delle avanguardie emerse nel secolo scorso, la corrente modern classical rappresenta oggi un “ritorno all’ordine” in grado di coniugare lo spirito romantico e l’asciuttezza melodica del post-minimalismo – un dominio espressivo nel quale, assieme a pochi altri, Jóhannsson ha indiscutibilmente primeggiato.
Dunque non deve stupire né risultare sminuente il carattere fortemente classico di questo sentito omaggio al profondo legame intellettuale tra il compositore e il pittore, sviluppato in dodici movimenti che si richiamano l’un l’altro per mezzo di motivi ricorrenti e raffinate variazioni sugli stessi. Anche in questo le tessiture di violini, viola e violoncello tendono a ricordarci la sempre più intensa attività di scrittura per il cinema dell’autore: l’inusuale setting completamente acustico, i gesti precisi ed essenziali sembrano anticipare il mood crepuscolare del premiato “Phantom Thread” di Jonny Greenwood, muovendosi con grazia entro un registro intimo che per natura appartiene alle formazioni da camera.
L’incedere da sorrowful songs di “Low” e “Harm”, i silenzi che intervallano i lievi staccati di “Stuk” e i vibrati della speculare “Shell”, lo spleen autunnale di “Arc” e il valzer infinitamente aggraziato di “Danse”: questi alcuni dei momenti più ispirati e ammalianti di questa inedita incisione, che assieme al poema “Orphée” rappresenta una delle più pregevoli produzioni di Jóhannsson sotto il marchio tedesco. A pochi giorni, poi, da quello che sarebbe stato il suo cinquantesimo compleanno, “12 Conversations With Thilo Heinzmann” è davvero capace di prendere al cuore.
27/09/2019