Matmos

Plastic Anniversary

2019 (Thrill Jockey)
plastic music

Quando la dittatura delle didascalie incontra la polizia politica dei comunicati stampa, il recensore volenteroso è un uomo non necessariamente morto, ma senz'altro un po' annoiato. Il "come" tende sempre a contare più del "cosa", in opere a carattere concettuale o aleatorio: la messa in scena della messa in scena costituisce la messa in scena stessa, l'occhio di bue si sposta dall'edificio alle impalcature, l'interrogativo è tarato non tanto sul contenuto quanto sulla mente che l'ha generato. In questi casi, una presentazione esaustiva dà infinite più garanzie del lasciare spazio di manovra al fruitore, e in casi estremi può sostituirsi allo stesso processo creativo, o perlomeno soppiantarne una porzione sostanziale. In un campo come la musica concreta, quella che è innanzitutto "fatta con", un discorso simile è presupposto ineludibile.

E così, dopo aver musicato aragoste, strumenti chirurgici, lavatrici e chi più ne ha ne metta, per la premiata ditta Schmidt-Daniel (l'anniversario del titolo è il loro venticinquennale di fidanzamento, tagliato proprio durante le incisioni) è la volta del concept più serio della carriera: 11 mini-sinfonie "di plastica", con sbandierata morale ecologista e confezione in carta rigorosamente riciclata. Purché a base di petrolio, tutto è ben accetto: tubi di PVC, mattoncini LEGO, una protesi cardiaca, fino a una sezione fiati con strumenti giocattolo. Manco a dirlo, è la componente percussiva a fare la parte del leone, e per enfatizzarne l'organica matericità i due (aiutati per l'occasione da Greg Saunier dei Deerhoof) scelgono di suonare molto e programmare poco, riallacciandosi in qualche modo alla fisicità industriale di Z'ev e Test Dept.

Fin qui più o meno tutto bene, non fosse che nella nota allegata al disco trionfa senza quartiere il viziaccio, sempre più duro a morire, di sottotitolare il sottotitolabile senza riguardo alcuno per l'indipendenza di giudizio dell'ascoltatore, ancor prima che del critico. Non ci si limita a svelare nel dettaglio i procedimenti che hanno plasmato ogni singola traccia (operazione legittima e anzi necessaria in un lavoro così programmatico), ma per ciascuna si arrivano a fornire coordinate stilistiche pre-confezionate e stringenti paragoni musicali, oltre a puntualizzarne con leziosa pedanteria il fin troppo ingenuo allarme ambientalista. Un documentario di backstage in piena regola per imboccarci con pornografico accanimento, all'insegna di una seriosità che cozza con l'atteggiamento rilassato e giocoso a cui ci hanno abituati. Cosa aggiungere, arrivati a questo punto?

Visto che si è tra intellettuali, mi si conceda una provocazione: se la recensione se la son già scritti da soli, io per tutta risposta sgancio il 6 politico e non butto giù mezza riga sulla scaletta, limitandomi semmai a constatare come, al di là delle agilissime piroette interpretative, l'inafferrabile e un tempo invidiabile tocco-Matmos sia ormai una maniera che non stupisce più nessuno. Come spesso accade con i colpi più di testa che di pancia, lo slancio verso una perenne diversità da se stessi si traduce, paradossalmente, nel risultare sempre uguali, fatti in serie come il mondo disumano che si mette sotto processo. E sarà per questo che il retrogusto sa, come dire, di plastica.

19/03/2019

Tracklist

  1. Breaking Bread

  2. The Crying Pill
  3. Interior With Billiard Balls & Synthetic Fat
  4. Extending The Plastisphere to GJ237b
  5. Silicone Gel Implant
  6. Plastic Anniversary
  7. Thermoplastic Riot Shield
  8. Fanfare for Polyethylene Waste Containers
  9. The Singing Tube
  10. Collapse of the Fourth Kingdom
  11. Plastisphere