Il 2019 si chiude all'insegna del cambiamento per gli industrial-punk newyorkesi: nuova la formazione, nuova la label, nuove le sonorità.
La tastierista Allegra Sauvage, presente negli ultimi due lavori, ha lasciato la band dopo la pubblicazione di "Paradise" (2016); poco prima era stato il batterista Andrew Chugg ad andarsene, una volta terminata la registrazione del citato full-length.
Frontman (Chris Bug) e chitarrista (Ivan Lip) hanno poi trovato in Matthew Hord l'esperto di synth analogici che faceva al caso loro (in curriculum la militanza nei progetti noise/post-punk/garage Running e Brandy), e trasformato la formazione in un terzetto.
"Way Station" è anche il primo lavoro a non essere pubblicato dalla Sacred Bones, che li aveva accompagnati sin dall'esplosivo Ep "The Grid" del 2010; nello scegliere la nuova label, non appare affatto casuale avere optato per la Weyrd Son Records.
L'etichetta belga ha infatti un catalogo molto ricco in ambito neo-goth (Whispering Sons, Soft Kill, Drab Majesty, Koban...), proprio la direzione intrapresa da "Way Station".
Sonorità anticipate dal precedente "Paradise", dove alle ruvidità noise-rock degli esordi si andava affiancando una sempre maggiore componente "sintetica", declinata ovviamente in chiave molto oscura.
L'incipit in medias res è affidato alla tagliente "Boom Operator" (registrata in un'unica take!), che sfoggia da subito una delle "nuove" influenze dei nostri, ovvero gli Skinny Puppy di "Last Rights". Brano per cui è stato girato anche un video (diretto da Mark Perro dei The Men) e le cui lyrics vertono sulla vicenda di un tecnico cinematografico che "sbrocca" sul set, metafora delle "pene" a cui ci sottopone quotidianamente il capitalismo moderno.
"Under Duress" fa seguito, introdotta da scarni e pulsanti beat: un pezzo di industrial-rock minimale, il cui testo è un blues apocalittico, dalla chiusura quasi in antitesi, con uno sprazzo di kosmische music. L'intermezzo strumentale "Convoy" prelude alla wave robotica di "Doves" e "Hospice", brani dal groove cadenzato, che a tratti portano alla mente i primissimi Sisters Of Mercy.
I rumorismi di "Monument" fanno da sfondo a uno spoken-word alieno, dai contorni marziali, e preludono a un lato B caratterizzato da brani meno irruenti ma non certo innocui, come l'ipnotica "Emphatetics" e il crescendo apocalittico di "Home Sweet Home". Chiudono il tutto le note malinconiche di piano in "Secret Rendezvous".
Alle soglie del nuovo decennio, i Pop. 1280 si presentano rinvigoriti da un assetto più "asciutto" e ponendo maggiore enfasi sulla componente emotiva del loro sound: forti tanto di nuove influenze, quanto di una rinnovata personalità.
E chissà che con questo lavoro non si accorga anche di loro il pubblico goth, che sin qui li ha solo saltuariamente intercettati: il loro rumore venato di umori oscuri aspetta solo di essere scoperto.
12/02/2020