Da quando l'Accademia Della Crusca ce ne ha concesso l'uso, il termine "petaloso" è diventato, nel linguaggio comune, un aggettivo dai molteplici usi e sfumature di significato. Prendetela con ironia, perché qui chiaramente non si sta determinando niente di ufficiale, ma in campo musicale, questo termine si sta lasciando applicare a meraviglia a tutta una serie di musiciste di stampo soul e r&b che fanno della delicatezza e dei languori sensuali il fulcro della propria proposta, sacrificando la forma melodica in favore della produzione e dell'atmosfera (da non confondersi però con le "fuffettare", che appartengono ad altra categoria e per le quali magari occorrerà un commento a parte). Regina suprema di queste cosiddette "petalose" fino a oggi? Ovviamente il soggetto di questa recensione, Sabrina Claudio.
Ventitré anni dall'America con radici a Cuba e Puerto Rico, offensivamente bella come un sole all'imbrunire, sensuale e molto conscia di esserlo, la Claudio ha già passato un paio d'anni di dense pubblicazioni sussurrando nel microfono come Jessica Rabbit, osservando la telecamera con broncio da viziosa mentre se ne sta languidamente in posa, coperta di spolverini vedo-non-vedo. Di voglia di alzare la voce per cambiare registro, o per accennare una melodia con più di cinque note, non se n'è quasi mai vista l'ombra, non tanto per mancanza di capacità, ma perché - come si evince chiaramente da questo filmato - Sabrina semplicemente non ne ha bisogno per stare al centro dell'attenzione.
Fortunatamente, "Truth Is" cambia un po' le carte in tavola. Pur rimanendo sempre nel campo dei sussurri da lenzuola in chiave noir (il singolo "Over My Shoulders", l'impalpabile triade "As Long As You're Asleep", "Problem With You" e "Holding The Gun"), è innegabile che la scrittura della Claudio abbia finalmente imboccato una piega più strutturata - la desertica "Hurt People" potrebbe uscire dal canzoniere di Lana Del Rey.
Un'introduzione come "Take One To The Head", con quelle chitarre sfrigolanti e un nebbione trip-hop à-la Hooverphonic a fare da contorno è sicuramente molto d'effetto, e dà un po' la guida al resto del disco. Fa ancor meglio la title track, una ballata con sezione d'archi ben strutturata da cima a fondo, che in bocca a Sabrina non scade nel mieloso (da ascoltare pure la versione in spagnolo aggiunta come bonus: qui gli arrangiamenti sono più scarni, ma la lingua aiuta tantissimo l'interprete a tirare fuori la giusta verve). Non male neanche "Rumors", in duetto con l'ex-One Direction Zayn Malik: invece di preoccuparsi dei pettegolezzi nei loro confronti, i due passano tutta la canzone a escogitare il modo per farli diventare realtà.
Secondo album di studio in meno di due anni, ai quali si aggiungono un paio di corposi Ep, una raccolta di cover e vari pezzi sparsi: Sabrina Claudio ha già immesso in Rete una quarantina buona di canzoni e pare non sia proprio intenzionata a smettere. E se su nessuno dei suoi lavori c'è mai stato nulla da ridire circa la cura del suono e degli arrangiamenti, sempre calibrati con attenzione certosina tra parti elettroniche e strumentazione acustica soul-jazz, adesso si può finalmente aggiungere un disco le cui canzoni non si squagliano immediatamente al sole.
Certo, Sabrina non è l'interprete più versatile in circolo, ma le riesce immensamente bene essere torbida: su "Me In Her" assitiamo alla messinscena della puttana fragile che si osserva meticolosamente allo specchio, intrappolata nella ricerca del proprio valore tramite le attenzioni di un uomo impegnato altrove - che poi è forse l'aspetto più intrigante dell'arte di questa conturbante Jezebel: l'esplorazione dell'animo femminile nei suoi risvolti più intimi e bisognosi. Certamente non un disco per tutti, ma Sabrina Claudio è come una sirena in mezzo al mare e l'impressione è che a cascarci dentro sia sempre un attimo.
13/10/2019