Cabaret Voltaire

Shadow Of Fear

2020 (Mute)
industrial, electro, techno

Richard Harold Kirk da qualche tempo ha riesumato la sigla Cabaret Voltaire per una serie di spettacoli dal vivo. Tutto aveva avuto nuovamente inizio con un’esibizione al Berlin Atonal nel 2014. Ora finalmente giunge un nuovo album solista, ma sempre a firma Cabaret Voltaire, un lavoro che è la logica prosecuzione di quarantacinque anni di ricerca nella musica elettronica da parte dell'artista inglese. In realtà, Kirk non si è mai fermato. Si (ri)ascolti, ad esempio, l’ottimo “Dasein” uscito a firma Richard H. Kirk nel 2017 e troverete i semi di quelle idee techno-funk distopiche e apocalittiche che oggi vedono in “Shadow Of Fear” una compiuta maturazione e messa a fuoco. Non siamo di fronte a un ritorno nostalgico ma a una nuova incarnazione di un musicista che anche nella sua carriera solista ci ha regalato album incredibili come “Disposable Half-Truths”, “Black Jesus Voice” e “Virtual State”, per non parlare dei suoi molteplici lavori sotto vari pseudonimi (Sandoz, Electronic Eye, Agents With False Memories, Al Jabr ecc.).

“Be Free” e “The Power (Of Their Knowledge)” probabilmente sono i brani che faranno la felicità dei vecchi fan del gruppo industrial. Pur creando un suono meno ruvido e grezzo, emerge tutta la paranoia elettrica dei primi Cabaret Voltaire, da “Mix-Up” a “The Voice Of America”. Se alla fine degli anni Settanta s’intravedeva già la discesa a picco della moderna società industriale nei suoi scheletri di fabbriche e miniere dismesse, oggi si guardano dalla finestra altri deserti urbani e sociali.
“Night Of The Jackal” punta invece a lidi bleep-techno che ricordano la prima produzione della Warp. Del resto, lo stesso Kirk assieme a DJ Parrot alla fine degli anni Ottanta creò gli Sweet Exorcist per la celebre label inglese e vennero così piantati i semi del genere Intelligent Dance Music, di cui Kirk è uno degli indiscussi pionieri. Un brano come “Night Of The Jackal” strizza l’occhio proprio a un certo suono old school anni Novanta e alla produzione solista del Nostro.

“Microscopic Flesh Fragment” è la rielaborazione di una parte della sessione dal vivo realizzata per il Berlin Atonal. Una versione era stata pubblicata anche sulla compilation in vinile “Berlin Atonal Vol.3” del 2015. Qui e nella traccia successiva, “Papa Nine Zero Delta United”, l’artista inglese esplora il lato più dub e sperimentale dei Cabaret Voltaire, ricordando un po’ “Yasar” e le torbide atmosfere di “Red Mecca”, un cut-up in salsa electro, tra brusche decelerazioni e fughe in avanti.
Anche “Universal Energy” è un brano già stato presentato in sede live al Berlin Atonal e nella relativa compilation, una lunga suite techno industrial che ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, che Kirk è uno degli indiscussi padri del genere. Pensiamo a nomi come British Murder Boys, Sandwell District, Ancient Methods, più recentemente Phase Fatale, che devono tutto, o quasi, alle ricerche ritmiche industrial iniziate da Kirk e compagni alla fine degli anni Settanta. Ricordiamo che a Detroit all’epoca Richard Davis e Juan Atkins non avevano ancora formato i seminali Cybotron, i quali vedranno la luce solo nel 1981.

Conclusasi la prima fase del trio dopo l’uscita di scena di Chris Watson, il sound del duo, all'epoca formato da Stephen Mallinder e Kirk, passa per l’essenziale e paranoico electro-synth di “The Crackdown” (1983) per poi approdare alle prime sperimentazioni techno-trance del Regno Unito con dischi un po’ sottovalutati da certa critica musicale ma oggi oggetto di rivalutazione, al pari di alcuni interessanti esperimenti acid-techno degli Psychic Tv
In “Universal Energy” e nella successiva “Vasto” si avverte proprio l’influenza di una certa musica elettronica fine anni Ottanta, inizio Novanta, qui traslata in un’ottica rave da dopo-bomba. Tutto il percorso dei Cabaret Voltaire, in effetti, sembrava puntare verso una certa direzione. Segnaliamo che Kirk si è esibito nelle vesti di Cabaret Voltaire proprio a Vasto, in Abruzzo, durante il Siren Festival del 2017. Non si sa con certezza se il nome del brano sia una sorta di omaggio al paesino italiano, ma sarebbe molto divertente se fosse così.
“What’s Goin’ On” chiude l’album con un brano electro-funk che ricorda la colonna sonora di “Johnny Yesno” realizzata dai Cabaret Voltaire nel lontano 1983, l’ultimo lavoro con Watson presente.

In sintesi, l’album intreccia l’esperienza dei Cabaret Voltaire con la produzione solista di Kirk, dando spazio alle varie fasi artistiche di un vero pioniere della musica elettronica. Al contempo, “Shadow Of Fear” suona come un disco contemporaneo, paranoico e adatto ai tempi cupi in cui viviamo, ma con una carica di energia e una voglia di muoversi oltre le ombre della paura, oltre le barriere. Una sorta di vaccino in musica per sopravvivere a una società che ricorda sempre di più i libri di George Orwell e Aldous Huxley.

23/11/2020

Tracklist

  1. Be Free
  2. The Power (Of Their Knowledge)
  3. Night of the Jackal
  4. Microscopic Flesh Fragment
  5. Papa Nine Zero Delta United
  6. Universal Energy
  7. Vasto
  8. What's Goin' On
 

Cabaret Voltaire sul web