Chissà per quale motivo, a un certo punto, Joss ha voluto dare un senso compiuto al proprio ruolo di prezzemolino o se preferite zelig della scena new wave? Forse perché nel frattempo l’ombra lunga del famoso fratello Julian non è più così ingombrante e non rischia di oscurarne il percorso? Forse perché aver frequentato in passato la Creation con i suoi Something Pretty Beautiful ha lasciato un lieve senso di orgoglio e di tenacia che non ha ancora trovato un punto di sbocco? Certo è che due album nell’arco di tre anni non corrispondono a un semplice capriccio senile, ma a un’autentica voglia di esprimere un punto di vista, musicalmente coltivato con le migliori spezie dell’era wave.
Camminare a fianco di Echo & The Bunnymen, Wah!, Spiritualized, Biff Bang Pow, Woodentops, Crash, The Weather Reports, Rose McDowell, Mighty Lemon Drops e aver avuto un ruolo nella band dell'etichetta Bam Caruso, i Freight Train ha reso Joss Cope un esperto conoscitore di quei flussi psichedelici che contaminarono la scena inglese negli anni 80. Ed ecco che, come per Robyh Hitchcock e il fratello Julian Cope (Joss compare in alcuni album tra i quali “St Julian”e “Fried”), riemerge il fantasma di Syd Barrett dietro le gesta del non più giovane musicista inglese, ma anche la Liverpool dei Crucial Three, e non ultima quella coscienza politica che andava di pari passo con il governo della Thatcher.
Quello che è diverso, è il punto di vista di Joss Cope, lo spettro sociale e politico è più ampio, più attento a quei particolari che nella furia e nell’energia dell’era post-punk non erano sempre facilmente visibili, come lo sono, non a caso, gli infiniti particolari del titolo e della copertina, punti neri apparentemente casuali, che se osservati da lontano profilano due persone che si abbracciano.
E’ questa l’Inghilterra protagonista del secondo album di Joss Cope: una musica psichedelica filtrata da una sensibilità pop tipicamente British, Syd Barrett, Kevin Ayers, Scott Walker, i Buzzcocks, Vic Godard, ma anche frutti apparentemente disparati come Captain Beefheart, Brian Wilson e i Can.
Come il precedente album, anche “Indefinite Particles” è stato registrato a Helsinki con il batterista Ville Raasakka, la bassista Esa Lehporturo e il chitarrista Puka Oinonen, mentre per le parti di piano, moog e clavicembalo ritroviamo una vecchia conoscenza per i lettori di OndaRock, ovvero Duncan Maitland.
Le undici canzoni profumano di innocenza beat e atmosfere lisergiche (“Hit The Wall”), di twist e garage-pop pre-Sixties (“Mad King Ludwig”), di jangle-pop alla Byrds immerso nelle lande Paisley ( “She's Going To Change Your World”).
Tra ballate sghembe alla Hitchcock, dove protagonista è ora un assolo di chitarra (“Healed”) ora un più surreale tocco d’hammond quasi psyco-pop (“True Nature”), c’è spazio anche per scampoli della vecchia militanza di Joss Cope in casa Creation, sia nell’avvolgente ballata agrodolce “Who Are You Trying To Kid?”, che nella delizia alla Biff Bang Pow “Lifeboat Service”.
Ci sono momenti di rara bellezza e grazia creativa in “Indefinite Particles”, canzoni che potrebbe aver scritto perfino Kevin Ayers (“Radium Came“), Bill Pritchard (“From A Great Height”) o i Teenage Funclub (“Mad King Ludwig”). Sembra quasi che Joss Cope sia entrato per noi nel magico mondo di Alice e abbia portato tanti preziosi balocchi.
Tutto quello che si può desiderare in un album di pop e new wave in chiave psichedelica è racchiuso in “Indefinite Particles”, lasciarselo sfuggire è da criminali.
10/05/2020