“The All Is One” chiude la trilogia dei Motorpsycho iniziata nel 2017 con “The Tower” e continuata nel 2019 con “The Crucible”. La “Gullvåg Trilogy”, denominabile così per l’autore delle tre cover, Håkon Gullvåg, si chiude restando fedele ai due mondi da sempre padrini della band norvegese, il progressive e la psichedelia. I ricordi sabbathiani di “The Crucible” non ci sono più, ma ci troviamo in quel territorio al confine tra le favole dei Genesis e le cavalcate lisergiche dei maestri della psichedelia, dai Grateful Dead ai Pink Floyd.
Si chiude come era iniziata, con un grande operazione nostalgia del rock che fu, continuamento citato e omaggiato, in particolare nel brano-cardine dell’album, la monumentale suite “N.O.X.”, divisa in cinque parti per un totale di ben 42 minuti, che si candida senza remore a migliore suite dell’anno. Dall’inizio lisergico con canto psichedelico in stile Byrds, alle continue accelerazioni e decelerazioni tipicamente progressive, alla quarta parte floydiana fino al finale suonato a velocità estrema che riprende la melodia iniziale, con tanta fantasia e tanto mestiere, tutto è perfetto e non mostra cedimenti nonostante la lunghezza inusuale. Ispirato a dipinti, alchimia e tarocchi è per certi versi un tassello persino radicale della loro discografia, una summa e un punto di arrivo di una carriera trentennale.
Il resto impallidisce di fronte a tanta grandezza. Nonostante l’ottima qualità, la title track è fin troppo derivativa da Genesis e Yes, così come brani come “The Same Old Rock” fanno capire sin dal titolo il loro continuo citazionismo. Non mancano riferimenti psych-folk, dal più rigido folk-revival strumentale di “A Little Light” al formato ballad folk di “The Dowers”. Chiude “Like Chrome” con un riff di chitarra avvolgente e crimsoniano, perfetto momento finale dell’ennesima festa progressive a cui i Motorpsycho ci hanno gentilmente invitato.
21/09/2020