Son passati ben cinque anni da "Currents", e Kevin Parker ha saputo capitalizzarli come meglio non avrebbe potuto, sfruttando il capitolo meno ispirato della propria carriera per costruire uno spettacolo divenuto richiestissimo protagonista per tutto questo tempo su tutti i palchi più ambiti del globo. La lunga assenza discografica (interrotta giusto di recente da qualche singolo), assieme agli interrogativi sul post-svolta elettronica, hanno così reso "The Slow Rush" uno degli album più attesi del 2020.
Va bene sperimentare e intraprendere nuove sfide, ma Parker ha intuito che la formula vincente potesse ricavarsi da un furbo mix fra la psichedelia light dei primi due dischi e le derive groovy del terzo. Ha così composto dodici tracce soft-rock che perseverano nella mediazione fra fumi lisergici e pop music, per consolidare le simpatie tanto dei nostalgici dell'epoca hippy quanto dei giovani rampanti con la fissa per gli spritz da consumare in locali total white. Accontentare ascoltatori molto diversi fra loro: un'impresa riuscita, ma tutt'altro che semplice.
Il tema centrale di "The Slow Rush" è l'inesorabilità dello scorrere del tempo, ben espresso da eloquenti titoli quali "One More Year", "Lost In Yesterday" e "Tomorrow's Dust", che trasferisce in territori lounge un arpeggio molto "Weird Fishes". È un lavoro intriso di rimpianti (le riflessioni sul complesso rapporto col padre narrate in "Posthumous Forgiveness"), romanticismi (trainati dal recente matrimonio) e nostalgie musicali per il passato, attraverso la materializzazione di un'abile centrifuga di numerose influenze, provenienti prevalentemente dagli anni 70, con l'aggiunta di qualche ambiziosa coda strumentale e l'uso frequente del falsetto.
"The Slow Rush" si muove con scioltezza dalla seventies disco di "Is It True" al piano molto Supertramp-style di "It Might Be Time", fino al funk rivisitato attraverso la lente dei Daft Punk di "Glimmer". Tutto scritto, arrangiato ed eseguito dal solo Parker, che continua con fierezza a esporre il vessillo dell'eroe solitario. Ma il sogno di Kevin è trasformare il mondo in una grande discoteca ultra-colorata ed iper-pop, peraltro riuscendoci perfettamente in "Borderline". Forse perché dentro una discoteca affollata ci si riesce a nascondere molto più facilmente.
15/02/2020