Ed Dowie

The Obvious I

2021 (Needle Mythology)
alt-pop

Sono passati ben quattro anni dall’esordio solista di Ed Dowie “The Uncle Sold”, un disco finito sottotraccia nell’enorme messe di pubblicazioni quotidiane. Un originale album di pop elettronico attiguo alle stravaganze di Arthur Russell, ai landscape di C.Duncan o all’esuberante folktronica dei Beta Band.
Quattro anni ricchi di novità per Dowie, sanciti dal passaggio dalla Lost Map alla Needle Mythology, nonché dalla scelta di affidarsi a un produttore esterno. Rinnovo metodologico più che stilistico, per l’audace musicista inglese, autore di una intelligente sintesi tra minimalismo, pop elettronico e musica corale. Tre generi che corrispondono ai percorsi disciplinari e creativi di Ed Dowie (da giovane principiante a laureato in musica sperimentale), amalgamati con mano sapiente dal geniale Leafcutter John, artista non solo responsabile di interessanti album di elettro-jazz, ma anche membro dei Polar Bear sotto il nome di John Burton.

Mai sinergia fu più indovinata: l’eccentricità delle composizioni pop di Dowie ben si sposa con l’onirico e poliedrico tocco del produttore Leafcutter John. I due musicisti trovano ulteriore empatia nelle lande della musica jazz, un linguaggio familiare per John e invece poco noto a Ed, a dispetto delle insolite strutture delle composizioni che tradiscono un’affinità elettiva con il malinconico surrealismo di Robert Wyatt, che, seppur accennato nell’album d’esordio, è uno degli elementi caratterizzanti di “The Obvious I”.
Il cenno all’ex-Soft Machine è altresì consolidato dal particolare timbro vocale di Ed Dowie, una similitudine percepibile, più che altrove, nella struggente e poetica mini-sinfonia pop di “Dear Florence”, ma anche nell’insolita scala pentatonica che disorienta le nuance pop di “Red Stone”.

Ogni canzone di “Obvious And I” è un distillato di suoni e giri armonici, a volte apparentemente semplici e lineari, come nel caso della title track, spesso melodicamente imprevedibile e ai confini di un elegante pop d’antan, come quando Dowie propone, con la consueta stravaganza, due variazioni su note di valzer, prima con la sbilenca e fantasiosa “How Light I”, e quindi con l’ancor più visionaria e algida “The Island“.
Affascinato dalla forza della semplicità del synth-pop post-Kraftwerk, Dowie concentra l’attenzione su melodie dal fascino istantaneo ma non evanescente, una musica pop da poter ascoltare all’infinito senza essere preda della noia e della banalità.
Sulla scia di Serafina Steer e Alexander Tucker, il musicista inglese affronta la forma canzone senza timore alcuno di imbastirne la struttura con enfasi orchestrali e contrappunti neoclassicheggianti, disturbandone il pathos con riverberi di piano e synth (“Then Send Them”).
Dowie si spinge ben oltre il confine del lecito nella splendida liturgia pop anni 80 di “Number Eight Wire”, mettendo insieme in un solo colpo l’originalità dei Yazoo, la potenza dei Depeche Mode e l’eleganza di China  Crisis e Omd.
L’evoluzione del musicista volge verso una sintesi intrigante tra l’elettronica colta (da Brian Eno a Philip Glass) e una musica pop priva di connotazioni sonore definite (alla The The), Ed si dimostra esperto sia nelle pagine più profonde e descrittive (“Under The Waves”) che in quelle più aspre e quasi industrial (la conclusiva “Robot Joy Army”). 

In un anno nel quale imperversano band neo-post-rock e nu-jazz, un disco come “The Obvious I” è un progetto alieno, ambiguo, ma per chi ha a cuore l’evoluzione della musica pop-rock, l’ultimo progetto di Ed Dowie rappresenta uno dei più fulgidi archetipi della scena musicale contemporanea.

06/07/2021

Tracklist

  1. Then Send Them
  2. The Obvious I
  3. Red Stone
  4. How Light I
  5. Number Eight Wire
  6. Under The Waves
  7. Dear Florence
  8. The Island
  9. Robot Joy Army




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