Grouper

Shade

2021 (Kranky)
ambient-folk, lo-fi songwriter

Liz Harris recupera l’emozione e la canzone. Nove "fragilissimi film”, scarni e denudati dei drones assordanti che svaniscono dopo l’iniziale “Follow The Ocean”. Con lo storico moniker Grouper, la cantautrice e artista americana torna alle origini di tutto al dodicesimo album, evitando l’addizione e la stratificazione, pratica alla base anche del progetto Nivhek, in favore della sottrazione. Tutto torna essenziale, percepito, delicato, stupito.
A differenza di “Ruins” (Kranky, 2014), album denso di lirismo, “Shade” non ha quel tono drammatico e quell'incedere fatale, portato a un punto cieco in “Grid Of Points” (Kranky, 2018). Stavolta è la chitarra acustica a disegnare geometrie meno altisonanti ma più vibranti di quelle definite dal pianoforte, il cui suono naturale rendeva quelle “rovine” così tangibili. La mano aperta in copertina e un altro titolo ermetico, “Shade”, ci riportano a un songwriting ambient-folk essenziale, che eleva ad arte la registrazione lo-fi.

Così dalle frequenze disturbate di una radio esce la voce bagnata di drones di Liz, una melodia che si intuisce faticosamente da una traccia intrisa di eco e distorta dal nastro magnetico (“Followed The Ocean”), che si alterna a take spogli e disarmati di chitarra e voce in cui emerge solo la canzone in quanto melodia, testo, armonia (“Unclean Mind”, “Pale Interior”). A tratti, poi, i drones ritornano a distorcere la percezione delle cose (“Disordered Minds”, “Basement Mix”). Non sappiamo bene da quale tempo e luogo della vita di Grouper provengano queste tracce realizzate nell’arco di quindici anni, ma nel momento in cui scorrono sono in grado di essere passato, presente e futuro.

In “Promise” la comunicazione di coppia è così sussurrata da vivere all’interno del paradosso esistenziale, restituito in maniera così chiara nel video della eterea “Ode To The Blue” – diretto da Dicky Batho con la partecipazione di Julia Holter – in cui un bianco e nero sgranato ci porta al fianco di una serie di coppie che si baciano dentro un cimitero: 

And I promise to take good care
Of your pretty blue eyes
And your long blonde hair

Harris rincorre – e forse per la prima volta scioglie con consapevolezza – l’enigma della propria identità artistica attraverso il privato, raccontando l’emozione che prende corpo dal fragoroso silenzio delle mura di casa sulla costa del Pacific Northwest, in Oregon, tempio solitario di una figura a lei speculare, Phil Elverum (Microphones, Mount Eerie). Sono artisti in grado di dare forma musicale al vuoto, tra le foreste e l’oceano, tra Astoria ed Anacortes. Realizzano quella che il filosofo Jean Baudrillard in “America” (1986) descriveva, riprendendo Paul Virilio, come “l’estetica della sparizione” che “salva dalla banalità”. E così questa umana intimità ci serve come l’ossigeno. Queste canzoni che fuori dalle nostre cuffie o dagli impianti di casa, nel mondo esterno, si spezzerebbero. Così dal rumore di fondo (e del mare) in cui nascono – nel brano di apertura – per trentacinque minuti riemergono, esistono, sopravvivono. Neanche dal vivo probabilmente r-esisterebbero, ma è nella registrazione che trovano la loro ragion d’essere, come un’opera di sound art.

Così Liz ci incanta ancora, ci emoziona, e ci porta lontano fino alla conclusiva elegia di “Kelso” (Blue Sky)”. Ci porta all’ombra delle nostre fragilità, sulle macerie delle nostre disfatte per farci sentire vivi, anche dove i ricordi dolgono. Non ci chiediamo neanche più il senso di “Shade” nel panorama musicale odierno. Grouper è distante da tutto, ma così intensamente vicina appena queste nove tracce scorrono. 

And there's only mе to see something pretty inside the day
The way her hair falls
Just so

24/10/2021

Tracklist

  1. Followed The Ocean
  2. Unclean Mind
  3. Ode To The Blue
  4. Pale Interior
  5. Disordered Minds
  6. The Way Her Hair Falls
  7. Promise
  8. Basement Mix
  9. Kelso (Blue Sky)


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