Idles

Crawler

2021 (Partisan)
post-post-punk

If you see me down on my knees
Please, do not think that I pray
Damage, damage, damage
(da "The Beachland Ballroom")
Prologo

Un altro disco a un solo anno di distanza da "Ultra Mono", peraltro castrato dal protrarsi di un'emergenza sanitaria che ne ha resa discontinua la promozione. Gli Idles lo hanno voluto fare, senza attendere, perché guidati da una grande forza: l'urgenza di compiere significativi passi in avanti. Il virus ci ha costretti tutti in casa, e loro ne hanno approfittato per scrivere canzoni, con l'inatteso "lusso" di potersi concedere tutto il tempo necessario per elaborare soluzioni originali e in parte spiazzanti. Da questa ennesima serie di sedute psicanalitiche in musica ne sono usciti con "Crawler", un concept-album dallo svolgimento paragonabile alla sceneggiatura di un film: il resoconto su come si possa tornare a vivere "felicemente" dopo essere passati attraverso esperienze traumatiche, quali un incidente stradale, una dipendenza, un amore andato a rotoli, la pandemia. Come tornare ad abbracciare la luce dopo aver trascorso mesi nell'oscurità. Come rialzarsi dopo essere rimasti - per l'appunto - a carponi, per giorni, settimane, mesi, strisciando. Un lavoro che conferma l'intenzione della band di Bristol - intenzione del resto anticipata dalle due tracce che chiudevano "Ultra Mono" - di sganciarsi con gradualità dall'immaginario rigorosamente combat-post-punk-disagio-e-rabbia che si sono abilmente costruiti in questi anni, e dimostrare di saper esplorare oltre le proprie consolidate abitudini. Il bouquet stilistico diviene quindi più vario, modellato con l'intento di alleggerire la tensione emotiva mano a mano che la narrazione si srotola lungo i 46 minuti di questo cortometraggio.

Scena 1 - L'incidente

Motore, azione. Prima scena. Una strada inglese, è febbraio, probabilmente sta piovendo, Joe Talbot è alla guida della sua automobile quando gli sfreccia potente accanto una "MT 420 RR": tale sigla, adottata nel titolo, identifica un modello di motorbike particolarmente costoso. Pochi istanti e lo schianto è violentissimo. La moto finisce a tutta velocità contro un'altra vettura, il conducente resta a terra privo di vita, nulla può fare il casco per evitare il peggio. Talbot resta a guardare, senza parole, mentre elabora un parallelo fra l'uscire indenne da un terribile incidente stradale e il riuscire a emergere dal tunnel delle proprie dipendenze, altrettanto letali.
È lo spunto per la canzone che apre il disco, musicalmente agli antipodi rispetto all'uragano "War" che inaugurava "Ultra Mono". Talbot declama con fare da crooner maledetto (qualcuno ha detto Nick Cave?) su un tappeto sonoro spoglio, nel quale la batteria si affaccia per pochi secondi soltanto nel finale, e il crescendo evoca il crash fatale sfruttando un vero e proprio movimento al rallentatore. Il tema dell'incidente stradale tornerà poi, con prepotenza, poco più avanti, in "Car Crash", con sugli scudi una batteria ossessiva intenta a sottolineare vividi flash di testo declamati con metrica hip-hop.

Scena 2 - Adolescenza e disagio

Lo shock dell'incidente catapulta Talbot all'indietro nel tempo, agli anni dell'adolescenza, quando dovette sorbirsi inerme l'autodistruzione di una madre perennemente attaccata alla bottiglia, testimone oculare di una dipendenza consumata fra le mura domestiche. Una mamma che Joe ha già introdotto al mondo in "Brutalism" e che ora torna a descrivere in "The Wheel", dove l'incedere opprimente ricrea alla perfezione la pesante situazione familiare. Il momento plumbeo viene amplificato nella successiva "When The Lights Come", danza notturna puntellata da un suono di diretta derivazione darkwave, cupo e sofferto, neanche troppo distante dai momenti meno asfissianti dei Joy Division. È la parte più drammatica e solenne del disco, che poi si stempererà seguendo un percorso di progressivo alleggerimento dei temi trattati, partendo da toni e situazioni dolenti per slanciarsi verso la gioia di una riacquisita libertà.
Se "Crawler" è il progetto pensato per guidare la transizione, il punto nodale è che proprio quando gli Idles provano a fare qualcosa di diverso dal solito, raggiungono i risultati migliori. Quando invece si pongono in scia col passato, adagiandosi sul proprio sound caratteristico (è il caso ad esempio di "Stockholm Syndrome"), la sensazione è quella di ascoltare proposte già sentite da loro, e migliori, in altri dischi. La principale di queste "novità stilistiche" è stata anticipata attraverso "The Beachland Ballroom", il vero instant classic di questo album, che trova elemento distintivo in una linea vocale dalle impreviste inflessioni soul (molto Greg Dulli) che le rende un unicum all'interno della discografia del gruppo.

Scena 3 - Le dipendenze, la pandemia

"Crawler" è un disco fortemente autobiografico, introspettivo, nel quale Talbot non teme di palesare i propri traumi. In "The Wheel" sostiene che se hai un genitore con dei problemi di dipendenza, sarà difficile che anche tu non ne abbia in futuro. La droga prende il sopravvento, si prende tutto, e ti fa perdere tutto, parenti, amici, modificando le tue abitudini. Le dissonanti chitarre di "Meds", all'ansiosa ricerca dei Sonic Youth, sottolineano alla perfezione questo ventaglio di sensazioni.
Se "Ultra Mono" voleva dire la sua sui grandi temi di attualità, quali Trump e Brexit, anche "Crawler" butta un occhio al Tg della sera. Diventa così impossibile evitare di sbeffeggiare quel bellimbusto di Rishi Sunak, rampante ministro delle Finanze inglese, il "Cancelliere della Scacchiere", nonché aspirante futuro premier. Sunak durante il lockdown rilasciò infelici dichiarazioni: invece di valutare sovvenzioni per un comparto brutalmente colpito dalla pandemia, esortava gli artisti e i lavoratori dello spettacolo a trovarsi un nuovo impiego. Eccola qui la "The New Sensation" inglese, irrisa attraverso un'ironica invettiva anti-governativa. Ma la vera risposta di Talbot è stata tenere duro: orgoglioso della propria professione, non vedeva l'ora che si concludesse l'oscuro periodo di restrizioni, per tornare a gridare da un palco tutto il proprio disagio.

Scena 4 - A carponi sul tappeto

Le dipendenze possono ridurti in briciole, condurti in una corsia d'ospedale, oppure in un centro di riabilitazione, dove ti ritrovi - non soltanto metaforicamente - prima in ginocchio, poi a strisciare per terra, accusando tutto il peso del mondo che spinge sulla tua schiena. Queste le sensazioni che segnano la vibrante e significativa "Crawl!". A carponi sul tappeto, come in quel vecchio brano dei Genesis, ricordate?, e potrebbe non essere un caso il fatto che a un certo punto venga nominata la parola "The Lamb", forse una voluta citazione dal doppio capolavoro del 1974.
Ci sono dei momenti nei quali sembra davvero finita e l'unica intenzione è quella di ritornare a casa, volontà espressa nel mantra vagamente psichedelico di "Progress" (anticipato dalla breve intro strumentale "Kelechi"). È una delle tracce dallo svolgimento più interessante presenti in "Crawler", uno dei frangenti di maggiore sperimentazione, con un testo basato sulla presa di coscienza della propria situazione autodistruttiva e sul desiderio di tornare a vivere nei propri spazi.

Scena 5 - Il ritorno alla normalità

Lo slancio tellurico di "Wizz", una revolverata hardcore iper-veloce che si consuma nello spazio di trenta secondi, congegnati con l'intenzione di ricreare la "botta" che sopraggiunge dopo una sniffata di cocaina, chiude il periodo di riabilitazione, con un testo slogan involontariamente regalato dallo spacciatore di Talbot, rintracciato dal cantante in un messaggio ricevuto dopo averlo rimosso dalla rubrica. L'ultima scena di "Crawler" si apre con "King Snake", un inno alla normalità, l'auto-accettazione del proprio essere persona comune, sottolineata a un certo punto con il divertente utilizzo del sostantivo "Assistant" ripetuto con una rabbia oramai stemperata dalla raggiunta consapevolezza.
"The End", il brano conclusivo, rappresenta la fine della sofferenza, la gioia ritrovata, il ritorno alla purezza, l'apprezzamento della semplicità. "In spite of it all/ Life is beautiful": non ricordo una frase tanto positiva pronunciata dalla voce di Joe Talbot. L'eccitazione del tornare a casa e ritrovare ogni cosa al proprio posto, eliminando per sempre tutto il disordine, fisico e mentale. Di nuovo se stessi. Poi, alla fine della proiezione, saranno in molti a sostenere che gli Idles siano più fighi quando spingono di brutto, con la pompa al massimo e i led del mixer tutti sul rosso, ma il messaggio più eccitante chi ci arriva dall'ascolto di "Crawler" è che oggi da loro ci si può legittimamente aspettare - e ricevere - anche altro.

19/11/2021

Tracklist

  1. MTT 420 RR
  2. The Wheel
  3. When The Lights Come On
  4. Car Crash
  5. The New Sensation
  6. Stockholm Syndrome
  7. The Beachland Ballroom
  8. Crawl!
  9. Meds
  10. Kelechi
  11. Progress
  12. Wizz
  13. King Snake
  14. The End








Idles sul web