Devastanti, micidiali, tellurici: sono questi i primi tre aggettivi che vengono in mente quando si ascolta un qualsiasi disco dei canadesi Metz. Alle prese con una loro esibizione dal vivo, tutto risulta amplificato all’ennesima potenza, e le melodie (che ci sono, pur se sovrastate da tonnellate di feedback) ci arrivano dissezionante, per mezzo di una violenza elettrica dalla portata impressionante. Post-hardcore e grunge mescolati assieme con rara efficacia per progettare canzoni che rappresentano il suono dell’apocalisse.
A causa della pandemia, nel 2020 è stata interrotta la promozione della più recente opera in studio, “Atlas Vending”: il trio ha quindi deciso di confezionare per il proprio pubblico – momentaneamente virtuale - uno show in streaming, riproducendo la selvaggia dinamica che caratterizza ogni loro spettacolo. Registrato a ottobre dello scorso anno, fra le mura casalinghe dell’Opera House di Toronto, quello show si materializza oggi nel primo disco dal vivo della band. I Metz propongono l’album integralmente, rispettando la medesima sequenza della versione in studio, ma beneficiando del plus offerto dalla trasposizione live, non certo frenato dall'infausta situazione a porte chiuse.
Basti come esempio l’ascolto della brutale “A Boat To Drown In”, giocata sulla forza dirompente di un semplice riff di appena due accordi, che qui pare avere la forza di potersi replicare all’infinito, nella lunga e tormentata coda noise-psych-gaze. Altrove i Metz mantengono il dono della sintesi (“No Ceiling” si consuma in meno di due minuti), dimostrano di conoscere a memoria la lezione dei Fugazi (“Hail Taxi”), si abbeverano alla fonte del punk più industriale (una “Parasite” senza compromessi), fondono irruenza e ritmi serratissimi (“Blind Your Industrial Park”, “The Mirror”), incastonandovi chitarre meravigliosamente dissonanti (“Sugar Pill”).
Due i bis, entrambi estratti dall’omonimo esordio del 2012, “Negative Space” e “Wet Blanket”, il brano che iniziò a farli conoscere al mondo. Alex Edkins pare a tratti come posseduto, mentre la sezione ritmica si esprime con una potenza nucleare, alternando rabbia e fragore, ansia e frustrazione, malessere e disillusione, amori svuotati e gioventù sprecate.
Prodotto da Graham Walsh degli Holy Fuck, “Live At The Opera House” (disponibile in formato fisico dal prossimo 5 novembre, seguiranno un bel mucchio di date fra Nord America ed Europa) sarà accompagnato da un live-film diretto da Scott Cudmore, dal quale è già possibile visionare in anteprima l’estratto “Pulse”.
14/08/2021