Di concerti che, col passare del tempo, hanno assunto un'importanza socio-culturale proiettata ben oltre il semplice intrattenimento per il pubblico sono piene le teche. Un piccolo posto all'interno di questa prestigiosa categoria lo merita certamente "Oasis Knebworth 1996", che, come appare chiaro già in testata, si occupa di certificare quanto accaduto nel corso di quel fine settimana d'agosto di 25 anni fa, quando il diabolico quintetto di Manchester era al culmine del proprio splendore.
Per due giorni consecutivi nel parco di Knebworth circa 250.000 persone per evento (richieste per tre milioni di presenze) hanno potuto ammirare i fratelli Gallagher alla guida del proprio bolide attraverso due set live a dir poco trionfali, costruiti attorno alle hit contenute sia nel secondo album "(What's The Story) Morning Glory?", che stava in quei mesi abbattendo ogni record, sia dal capostipite "Definitely Maybe", disco che solo un paio d'anni prima ne aveva decretato lo straripante esordio.
Il progetto si suddivide tra i canonici supporti audio fisici e digitali e, soprattutto, in un documento audiovisivo che rievoca perfettamente quelle avvincenti performance, corredandole di numerosi interventi estratti a caldo dai fan e con l'aggiunta di divertenti e (come al solito) colorite interviste ai componenti: dettagli in grado di aggiungere profondità alla storia di uno dei concerti rock'n'roll britannici più importanti degli anni Novanta.
Gli Oasis non hanno mai avuto una presenza scenica fisicamente dinamica: Liam con le braccia raccolte all'indietro, protratto su quel microfono fissato all'asta a un'altezza non convenzionale e Noel, sempre schivo e chino sulla sua chitarra, non hanno mai amato fare i saltimbanchi, ma il susseguirsi di questi brani proposti in un periodo di assoluta grazia - purtroppo rinvenuto raramente in tempi successivi - ha reso vana ogni possibile resistenza. Versioni estese di successi che hanno determinato un'epoca come "Roll With It", "Live Forever", "Supersonic", "Some Might Say", "Don't Look Back In Anger" e "Wonderwall" volano talmente alte che sarebbero in grado di dare a un minuscolo insetto la forza di un gigante.
Che dire poi della magnifica cover di "I Am The Walrus", che con tanto di orchestra omaggia la musa che più d'ogni altra ricopre ossa e nervi di tutto ciò che sgorga dalla sorgente della formazione mancuniana, senza dimenticare le presunte B-side "Acquiesce" e "The Masterplan" che, relegate inizialmente tra le recondite appendici dei rispettivi singoli, hanno meritatamente assunto, soprattutto grazie alla perfetta resa live, un peso andato ben oltre la mera qualifica di lato B.
Nel 1996 il britpop era nella fase di massimo fulgore ed erano numerose le band di caratura che contribuivano ad alimentarne la fiamma, ma nessuno in quell'esatto momento storico sembrava in grado di eguagliare la personalità, la diffusione tra gli appassionati e, perché no, la qualità artistica degli Oasis, band che, per le vicissitudini che ne avevano caratterizzato la nascita e lo sviluppo, rappresentava per molti fan il simbolo del riscatto sociale, tanto da mettere in secondo piano il fatto che le canzoni scritte da Noel non avessero gli attributi da fine letterato che molti si auspicavano: erano vere, fulminee, autentiche, senza alcun alibi di sorta, tutti ingredienti che hanno forgiato l'irripetibile Dna Oasis che in quel caldo weekend di agosto ha vissuto la sua apoteosi.
23/11/2021