Nella seconda parte, tra gli altri, Talking Heads, U2, Patti Smith, Johnny Cash, Marc Almond, Bryan Ferry, David Bowie, Sisters Of Mercy, Nine Inch Nails, Nirvana, Lana Del Rey e Anna Calvi.
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Cover Me - Parte 2
Cover Me - Parte 1
Donare una seconda vita a un brano, facendone di fatto una canzone nuova. Forse è questa la vera missione delle cover, che da sempre accendono la fantasia degli artisti di ogni epoca e genere. Ne abbiamo raccolte 42 in questa doppia puntata, intitolata "Cover Me", cercando di offrire una selezione delle più esaltanti reinterpretazioni della storia del pop-rock, filtrata ovviamente attraverso i nostri gusti e le nostre prospettive, senza alcuna pretesa di oggettività.
Ecco allora un affascinante percorso che parte dai ruggenti Sixties di Animals e Creedence Clearwater Revival - alle prese con due classici leggendari come "The House Of The Rising Sun" e "I Put A Spell On You", di cui realizzeranno le versioni definitive - ma anche di straordinarie voci come quelle di Aretha Franklin ("Respect"), Marvin Gaye ("I Heard It Through The Grapevine") e Jim Morrison ("Alabama Song"), per approdare alle straordinarie performance di assi della chitarra come Jimi Hendrix alle prese con Dylan ("All Along The Watchtower") e Santana alle prese con i Fleetwood Mac ("Black Magic Woman").
Quindi, all'alba del decennio successivo, l'ultimo canto disperato di Janis Joplin ("Me And Bobby McGee"), poi la sensualità selvaggia di Grace Jones che stravolge un classico di Edith Piaf ("La Vie En Rose"), un romantico Art Garfunkel ("I Only Have Eyes For You"), gli strepitosi Stranglers in versione bacharachiana ("Walk On By"), con le loro tastiere scintillanti, e gli oltraggiosi Sex Pistols trascinati da Sid Vicious nella devastazione di "My Way", con buona pace di zio Frankie Sinatra.
Negli Ottanta sintetici trovarono invece nuova linfa classici come "Tainted Love" (Soft Cell) e la sparksiana "This Town Ain’t Big Enough For Both Of Us" (Siouxsie & The Banshees). Non manca anche una parentesi di marca irlandese: dall'esuberanza giovanile di Van Morrison ridestata da una vibrante Maria McKee ("The Way The Young Lovers Do") al traditional "Dirty Old Town" in salsa Pogues, fino alla meravigliosa Sinéad O'Connor impegnata a donare eterna gloria a un gioiello dimenticato di Prince ("Nothing Compares 2 U").
Infine, un doppio omaggio a padre e figlio, Tim e Jeff Buckley, con le cover di "Song To The Siren" (i This Mortal Coil guidati dal canto celestiale di Elizabeth Fraser) e "Halleluiah", dal sempiterno "Grace". A chiudere questa prima parte, un'ultima prodezza: i Saint Etienne che trasformano la ballata acustica "Only Love Can Break Your Heart" di Neil Young in un raffinato numero dance.
Nella seconda parte, invece, un inizio tutto di marca newyorkese, con i compari delle calde notti del Cbgb Talking Heads, Blondie e Patti Smith, alle prese rispettivamente con cover di Al Green, The Nerves e Van Morrrison. Poi, un lungo viaggio dai Pretenders di marka kinksiana alla esuberante Cyndi Lauper di “Girls Just Want To Have Fun”, dalla struggente “Mad World” (Tears for Fears) di Gary Jules e Michael Andrews, lanciata dal film “Donnie Darko”, al Natale spectoriano degli U2 di “(Christmas) Baby Please Come Home”. Apice emotivo, invece, il testamento artistico di Johnny Cash affidato a una straziante cover dei Nine Inch Nails (“Hurt”), a loro volta protagonisti di un intenso omaggio ai Joy Division (“Dead Souls”), paladini di quell’era darkwave qui testimoniata dai Sisters Of Mercy, che incupiscono l’immortale “Gimme Shelter” dei Rolling Stones.
Non manca l’angolo dei dandy con il trittico Marc Almond (in versione crooner alla Aznavour) - Bryan Ferry (che ricorda John Lennon con “Jelous Guy”) - David Bowie (che rimette a lucido i Metro di “Criminal World”). Nel gioco incrociato dei tributi, ecco allora i Nirvana che rispolverano la “The Man Who Sold The World” del Duca Bianco e Tori Amos che rivisita in chiave intima e sensuale l’inno grunge di Cobain e compagni (“Smells Like Teen Spirit”). Non manca uno spazio “cinematico” tra gli Urge Overkill reclutati da Quentin Tarantino per “Pulp Fiction” (“Girl, You’ll Be A Woman Soon”) e una lynchiana Lana Del Rey che rifà da par suo “Blue Velvet”. Finale tutto in chiave femminile con una Julia Holter insospettabile fan di Paolo Conte (“Chiamami adesso”), una torrida “Surrender” di Anna Calvi, sulle orme di Elvis Presley, e la dissonante “Pissing” di Carla Bozulich (Low).
Last but not least, la ciliegina sulla torta dei Cake, con la loro stralunata cover di “I Will Survive”, il sempiterno inno disco-music di Gloria Gaynor.
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