Animals

The House Of The Rising Sun

"Juke-Box" è un passo indietro dal formato-album, un ritorno ai mattoni del pop: le canzoni. Riff, ritornelli, parole e immagini: quelle dei videoclip, o quelle che la musica evoca e utilizza per sedurre l'ascoltatore.
Lo scopo di questa rubrica è proprio entrare in questo gioco di seduzione, da sempre cruciale e da sempre dato per scontato. Scoprirne storie e protagonisti, ma anche meccanismi, regole ed eccezioni.

 

The Animals - The House Of The Rising Sun
      (Columbia Graphophone/Mgm Records, 1964)


Ci sono cover che diventano dei classici al posto degli originali. C'è chi è convinto che "Tainted Love" sia stata partorita dalla mente perversa di Marc Almond e non sa neanche chi sia Gloria Jones, mentre quando Gloria Gaynor tirò fuori dalle sue magiche corde vocali "Reach Out, I'll Be There", le classifiche collassarono e i Four Tops vennero relegati tra le memorabilia di casa Motown. Due esempi a caso e per di più con scarsa attinenza alla fattispecie. Perché questa, di cover, non ha di fatto un originale in versione "fisica". Solo, una lunga tradizione di leggende e dispute, attorno a un traditional rivendicato su entrambe le sponde dell'Atlantico.

Alan Lomax"The House Of The Rising Sun" ha radici antiche. Ottocentesche, se ci riferiamo al suo testo; addirittura seicentesche se consideriamo la parte musicale, almeno prestando fede alla ipotesi più accreditata, quella dello studioso e collezionista Alan Lomax, curatore dell'Archive of American Folk Song, secondo il quale la melodia era stata ripresa da una ballata tradizionale inglese di nome "Matty Groves", risalente appunto al XVI secolo, mentre le liriche erano state scritte due secoli dopo, da una coppia di abitanti del Kentucky, Georgia Turner e Bert Martin (col titolo di "The Rising Sun Blues"). Insomma, uno dei tanti casi di traditional che attraversano l'Oceano e cambiano pelle. Anche a voler prendere per buona la tesi di Alan Price degli Animals, che ne rivendica la paternità inglese asserendo che si tratti di una folk-song seicentesca su un bordello di Soho, già allora distretto a luci rosse londinese. E bordello resterà a tutti gli effetti, anche nella versione di New Orleans.

Tom AshleyFatto sta che, per uno scherzo del destino, quell'antica canzone resta a lungo solo nell'aria. Finché nel 1934 il giovane suonatore di banjo degli Appalachi Clarence "Tom" Ashley decide finalmente di inciderla, in omaggio a quel vecchio motivetto che gli canticchiava sempre il nonno Enoch (di una prima registrazione su 78 giri, risalente al 1928, da parte del bluesman Alger "Texas" Alexander, con titolo "Rising Sun Blues", non sono mai state rinvenute le tracce).
La piccola Vocalion Records non ha neanche idea di cosa ha per le mani. Forse anche perché, nonostante l'impegno, il buon Ashley non è esattamente riuscito a tirar fuori la magia di quel tesoro. Ma, da allora, ci provano tutti. Lo stesso Lomax, infatuato di quella melodia come fosse l'Arca perduta, ne registra le versioni accreditate al suo duo del Kentucky, mentre una sequela infinita di interpreti si mette in fila per la processione delle cover: Roy Acuff, Woody Guthrie, Josh White, Leadbelly, Glenn Yarbrough, Ronnie Gilbert, Pete Seeger, Frankie Laine, Joan Baez (forse la migliore), Miriam Makeba, Bob Dylan (che finisce per rischiare un'accusa di plagio da Dave Van Ronk, al quale copia gli arrangiamenti) e Nina Simone.

The AnimalsMa alla fine ne resterà una sola. Perché di cotanto agglomerato di carneadi e stelle, nessuno ha fatto centro. E il colpo in canna è stato riservato dal destino a cinque esuberanti ragazzi inglesi, infervorati di rock e rhythm'n'blues. L'hanno ascoltato in un pub della loro Newcastle, quel motivetto immortale, da un menestrello del Northumbrian di nome Johnny Handle. E - a loro dire - non sanno nemmeno che Dylan l'ha appena inserito nel suo album d'esordio. Si chiamano Alan Price (tastiere), Eric Burdon (voce), Bryan "Chas" Chandler (basso), John Steel (batteria), Hilton Valentine (chitarra). E non possono non chiamarsi Animals. Perché hanno una furia selvaggia nelle vene, che stride col loro look da bravi ragazzi beat. Si mettono a suonare quel vecchio lamento blues nell'estate del 1964. E lo fanno detonare col tritolo.
Un arpeggio di chitarra elettrica in La minore che sembra scolpito nella roccia, tanto è granitico ed epico. La voce insolente e intensa di Burdon a introdurre il cantato. Poi, Price che fa la storia: un ottovolante sui tasti dell'organo Vox, il virtuosismo che si fa anima e trascina il crescendo del brano, sconfinando in un immane assolo che, stremato, implode nel finale. È l'arrangiamento definitivo, quello che resterà per sempre nella storia. Perché "The House Of The Rising Sun" rimarrà questa, nonostante l'infinita sfilza di cover che ancora seguirà. Sarà il massimo successo degli Animals (n.1 in Usa e Uk), pluri-premiato nei poll e nelle hall of fame di tutto il mondo. Sarà annoverato tra i classici della British Invasion (un paradosso, per la povera coppia del Kentucky!) e definito addirittura dal critico Dave Marsh "il primo hit folk-rock della storia".
Un exploit per il quale la storia del rock deve ringraziare anche il produttore Mickie Most: fu infatti solo grazie alla sua insistenza che il brano - ritenuto dai discografici, con la lungimiranza che spesso li contraddistingue, "troppo lungo" e "noioso" - venne alla fine pubblicato.

Storyville - New OrleansMa che cos'è questa benedetta "Casa del Sole Nascente"? Nient'altro che un bordello, su questo niente da eccepire al buon Price. Solo che da Soho si è trasferito a New Orleans, all'epoca (Ottocento) una sorta di "sin city", con il quartiere a luci rosse più grande del mondo: un reticolo di locande peccaminose e case chiuse di nome Storyville (dal nome del consigliere municipale Alderman Story, che ne aveva propugnato la costituzione), nel cuore della jazz town, destinato a essere spazzato via da successivi rigurgiti moralisti.
Anche la storia del testo non è univoca: si susseguono, infatti, due versioni, una - probabilmente quella originaria - con protagonista femminile, costretta a vivere nella Casa pur essendosi pentita di esser entrata nel giro della prostituzione, l'altra - quella scelta dagli Animals - con protagonista maschile: il giovane figlio di un giocatore d'azzardo, altrettanto affranto per aver speso i suoi giorni nella Casa, ovvero "la rovina per più di un povero ragazzo", a "passare la vita nel peccato e nella infelicità" e ora pronto a tornare a New Orleans come galeotto ("per mettermi ai piedi una palla di ferro e una catena"). Da qui la disperata implorazione: "Oh mother, tell your children/ Not to do what I have done". Una classica storia di miseria e perdizione, declinabile praticamente in ogni contesto.

The Animals - The House Of The Rising Sun - 45 giriL'altro mistero riguarda il Sole Nascente del titolo. Inutile tediarvi con tutte le ipotesi, nessuna delle quali è stata mai ufficialmente avvalorata. La più suggestiva è quella di chi ha tentato di dare un nome al bordello, individuandolo nella vera casa d'appuntamenti al n.1614 di Esplanade Avenue (1862-1874) così soprannominata proprio per via della sua presunta maitresse di origini francesi Marianne Le Soleil Levant. Ma, con scarsa sensibilità per le leggende, quella casa, nel 2007, sarà abbattuta, come capita a tanti monumenti (più o meno reali) del rock.

Il brano, invece, resterà la quintessenza dell'evergreen. Con nuove, innumerevoli cover (talmente numerose che forse si fa prima a dire chi non ne ha fatte, ma vanno citati almeno Beatles, Doors, Jimi Hendrix, Marianne Faithfull, Dolly Parton, Johnny Cash, Eagles, Tracy Chapman, Tori Amos, Sinéad O'Connor, Duran Duran, Muse e perfino gli italiani Los Marcellos Ferial, Riki Maiocchi e Pooh, che, con la complicità di Mogol, la trasformeranno in una canzone d'amore!), passaggi radiofonici garantiti da qui all'eternità, nonché presenze fisse in sigle e colonne sonore (da "Casino" di Scorsese all'italiano "La meglio gioventù").

Come un'araba fenice, la Casa di New Orleans risorgerà per sempre dalle macerie, riaprendo i suoi polverosi battenti. Ma il suo mistero resterà al centro di infinite discussioni e interpretazioni. Proprio come si confà alle leggende.

There is a house in New Orleans
They call the Rising Sun
And it's been the ruin of many a poor boy
And God I know I'm one

My mother was a tailor
Sewed my new blue jeans
My father was gamblin' man
Down in New Orleans

Now the only thing a gambler needs
Is a suitcase and a trunk
And the only time he'll be satisfied
Is when he's all a-drunk

Oh mother, tell your children
Not to do what I have done
Spend your lives in sin and misery
In the House of the Rising Sun

Well I've got one foot on the platform
The other foot on the train
I'm going back to New Orleans
To wear that ball and chain

Well there is a house in New Orleans
They call the Rising Sun
And it's been the ruin of many a poor boy
And God I know I'm one



Discografia

The Animals - The House Of The Rising Sun - 45 giri - Columbia















45 giri (Columbia Graphophone/Mgm Records)
Pubblicazione: giugno/luglio 1964

Autori: traditional
Produttore: Mickie Most
Durata: 4'30''

Cover


Doc Watson & Clarence Ashley
(1934)

Georgia Turner
(1937)

Leadbelly
(1944)

Joan Baez
(dall'album "Joan Baez", 1960)

Bob Dylan
(dall'album "Bob Dylan", 1961)

Nina Simone
(dall'album "Nina At The Village Gate", 1962)

Beatles
(dal bootleg "Black Album", 1969/1981)

Jimi Hendrix
(dall'album "In The Beginning", 1972)

Dolly Parton
(dall'album "9 to 5 and Odd Jobs", 1980)

Sinéad O'Connor
(b-side del singolo "Fire On Babylon", 1994)

Muse
(dalla compilation "Nme/War Child - 1 Love", 2002)

Pooh
("La casa del sole", dall'album "Beat ReGeneration", 2008)

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