È una strana sinergia quella che anima questa stimolante collaborazione tra Sufjan Stevens e Angelo De Augustine, album apparentemente incidentale le cui motivazioni sono sia personali che culturali: non solo la reciproca stima tra i due musicisti, ma anche la sfida creativa nell'elaborare un progetto musicale dai molteplici interrogativi esistenziali. Se il primo elemento a sostegno di questa prospettiva formativa è il ricorso al buddismo zen e all'I- Ching come metodologia spirituale, l'altro principio fondante è l'approccio leggermente surrealista alla cinematografia e ai subliminali spunti di riflessione sull'essere "umani" in un mondo iper-civilizzato.
Concepito durante un mese trascorso presso la casa di un amico a New York, "A Beginner's Mind" è un prezioso scrigno contenente quattordici ballate dalle coordinate folk/lo-fi e dal tono meditativo e rassicurante, che solo concettualmente abbracciano le tematiche dei film che ne hanno ispirato le liriche, restando musicalmente fedeli a quella scrittura, tipica di Sufjan e Angelo, emotivamente appiccicosa, immediata e semplice, che resta tale anche quando cela raffinate intuizioni delicatamente più sperimentali. Per i fan di Stevens sarà altresì una piacevole scoperta l'affinità elettiva del loro idolo con il meno noto De Augustine, autentico folletto dell'alt-folk americano, devoto nello stesso tempo sia a Nick Drake ed Elliott Smith che ai Beach Boys.
Tra citazioni più o meno esplicite o dichiarate, le caleidoscopiche e familiari sequenze di arpeggi e di onirici sussurri vocali plasmano una suggestiva modernizzazione del folk-pop alla Simon & Garfunkel (a partire da "Reach Out", ispirata a "Il cielo sopra Berlino" di Wim Wenders), anche se Angelo e Sufjan all'esuberanza melodica preferiscono un approccio più mesto alla Elliott Smith ("Lady Macbeth In Chains").
Per Sufjan Stevens non è stato difficile coordinare le proprie intuizioni con il mondo del cinema, avendo già frequentato con successo le suggestioni dell'arte visiva (la colonna sonora di "Chiamami col tuo nome"), quello che incuriosisce è la particolare attenzione al mondo dei serial killer e dell'horror-movie, non solo gli zombie di George Romero, fonte d'ispirazione per l'inquieta e ricercata "You Give Death A Bad Name", o uno dei cult-film più famosi, "La cosa" di John Carpenter, che offre il fianco all'accorata e serafica ballata pianistica "(This Is) The Thing", ma perfino il controverso "Hellraiser III", che i due musicisti rileggono con le sognanti ed enigmatiche sonorità di "The Pillar Of Souls".
Al di là delle tante argomentazioni che hanno dato spunto a "A Beginner's Mind", la vera sorpresa è la natura feconda e ispirata delle composizioni nate dall'unione dei due artisti. "Lady Macbeth In Chains" (ispirata al fim "Eva contro Eva") è una delle intuizioni più potenti non solo del disco, ma dell'intera carriera dei due autori, un crescendo acustico dai toni solari, spalleggiato da un vellutato fondo di percussioni e intrecci vocali. "Back To Oz" va addirittura oltre, con accordi maggiori e tamburelli a pieno regime, che una sensibilità jangle-pop e psych-folk (per la prima volta De Augustine imbraccia una chitarra elettrica) corona con gustosa enfasi.
Spetta poi alla rarefatta title track e al soave surf-folk di "Olympus" anticipare le due pagine più sorprendenti dell'album. Per "Cimmerian Shade", De Augustine mette a disposizione le migliori suggestioni psych-folk, mentre Stevens sfoggia uno dei testi più potenti del progetto, tra citazioni zen, mitologia americana e distonie d'identità sessuale, che nel loro insieme riassumono le inquietudini di un'America in continuo disfacimento culturale (il film è "Il silenzio degli innocenti").
Ancor più inquieta, a dispetto dell'etereo substrato sonoro, "Lacrimae", una delizia agrodolce che per un attimo sfiora la magia della raffigurazione cinematografica, una visionaria ballata psichedelica sulla tristezza e sulla redenzione, ultimo tassello di un album che aggiunge ulteriori piccole delizie al curriculum già rispettabile dei due musicisti.
09/10/2021