"Che bravi che erano i Blow Monkeys! Mi ricordo il cantante, era così carino e vestito bene col foulard, la giacca, la pochette... con quel ciuffo sembrava quasi un dandy new romantic! Ma non dirmi che sono ancora vivi! Mah, non saprei, sono scomparsi da secoli, però avevano un paio di pezzi che spaccavano quando eravamo pischelli, e in disco funzionavano alla grande!".
Queste verosimili risposte a un ipotetico sondaggio commissionato sulla conoscenza di Dr. Robert e compagni non lascerebbero spazio oggi a dubbi o fraintendimenti: ci troviamo di fronte alla classica band da una hit e via, il tipico prodotto da "One Shot 80". Che poi, un paio di loro brani su quelle compilation carine ci sono finiti per davvero, ma urge avvisare subito i più distratti e quelli che gli anni Ottanta li hanno chiusi in soffitta a doppia mandata, coprendoli di polvere quando non di scherno: i Blow Monkeys esistono ancora, producono dell'ottima musica e non hanno nulla da spartire con le tante band meteora costruite a tavolino che impazzavano in quegli anni. Il loro è un percorso ben più nobile, nasce dalle ceneri della new wave e si sviluppa attraverso una miscela perfetta soul-funky a tinte jazz che si sposa alla perfezione col pop prima e con la dance poi (la garage house, per la precisione, di cui sono stati precursori ancora prima della svolta modernista degli Style Council).
Dopo una pausa lunga diciott'anni, durante la quale Dr. Robert ha pubblicato lavori a suo nome e prodotto altri autori, trovando anche il modo di suonare chitarra e basso nei primi tre dischi solisti di Paul Weller, amico e collaboratore di vecchia data, la band era tornata attiva già dal 2008. Ma se i primi lavori post-reunion avevano bisogno di scrollarsi di dosso un po' di ruggine, già con il precedente "The Wild River" del 2017 l'alchimia era apparsa subito quella dei giorni migliori. Qui però siamo oltre, i Blow Monkeys hanno centrato il capolavoro, il punto di non ritorno di una carriera troppo spesso passata sotto traccia. "Journey To You" è il loro zenith, disco di una bellezza spaventosa che riprende con classe immutata il discorso lasciato in sospeso da "Animal Magic" e "She Was Only A Grocer's Daughter", attualizzandolo con arrangiamenti e produzione perfetti, senza relegarlo a mera operazione di nostalgia retrò.
Il sassofono killer di Neville Henry e le partiture orchestrali, elementi presenti in quasi tutte le dieci tracce, creano insieme alle melodie, mai così efficaci, una magia senza tempo, e il risultato sono questi quaranta minuti di musica ricca, sofisticata, divertente e colorata, che senza prendersi mai troppo sul serio arriva facilmente al cuore di chi l'ascolta.
È passata una vita dal successo mondiale, arrivato inaspettato, quasi per caso, di "Digging Your Scene", e con questo la scalata alle chart inglesi e americane con una decina di singoli comunque importanti. Il magnetismo e la presenza scenica di Dr. Robert fungevano allora da catalizzatore immediato delle attenzioni di pubblico e critica (erano i famigerati anni 80, baby!) e la band era all'apice nel momento perfetto, quando la musica pop era ancora un fenomeno globale vendibile.
Oggi il nostro eroe è un tranquillo sessantenne un po' imbolsito, che vive quasi da eremita a Granada, in Spagna (sarebbe stato bello poterlo "congelare" al top, elegante, inebriante e seducente come solo un vero dandy può essere), e passa il tempo nel suo piccolo home studio a registrare demo. Il nuovo album ha preso forma così, durante il primo anno di pandemia: embrioni di melodie e abbozzi sonori diventati canzoni col contributo di tutti, idee e partiture e arrangiamenti scambiati via mail a causa della distanza geografica tra i musicisti (il resto della band infatti è stanziale a Londra), senza che il disco ne abbia risentito minimamente.
La traccia di apertura "Dust At Her Feet" è una convincente ballad che si regge su una melodia blues scandita dall'orchestra e da un ritmo da valzer viennese, ma è con la successiva accoppiata "Time Bomb"/"More Than A Miracle" che il disco inizia a decollare. Se la prima è il vademecum perfetto sophisti-pop, con atmosfere dolcemente retrò e malinconiche intrise di archi e chitarre mai invadenti, "More Than A Miracle" è un omaggio, rallentato nei Bpm, alla disco music e allo Studio 54 di New York (nel video di lancio del singolo ci sono immagini amatoriali girate nella pista da ballo al suo interno, nel 1979). La potremmo definire quasi la risposta "suonata" alla sbornia electro-strobo di "Monkey Business", nell'ultimo "Hotspot" dei Pet Shop Boys.
"Each and Every One", con le sue inequivocabili influenze sixties, "Touching Distance" (una sorta di jam dalle atmosfere dilatate, crepuscolari, ipnotiche con venature lounge e jazz) e "Teardrop Rock", col suo caldo funky bianco strumentale, contribuiscono a mantenere elevatissimo il livello qualitativo, così come "Unicorn Kisses" rimanda già nell'intro alle migliori produzioni acid jazz midtempo dei primi anni Novanta, con il flauto e la chitarra a introdurre l'ingresso di fiati e ritmica.
Dr. Robert non è certo nuovo a queste sonorità: nel semisconosciuto progetto Slam Slam che diede alle stampe un solo album nel 1991, c'era anche lui insieme a Paul Weller, Mick Talbot, Dee C. Lee e Marco Nelson degli Young Disciples, e tra i brani di punta spiccava "Round And Round" cantata da Dee, che poi il Modfather avrebbe inserito anche nel suo primo album solista, questa volta con lui alla voce).
Il culmine del godimento uditivo e il climax assoluto si raggiungono con la title track, pezzo clamoroso che avrebbe potuto tranquillamente fungere da colonna sonora di un film della saga di 007, e pure di qualche spaghetti western. Echi morriconiani e grandi partiture orchestrali a magnificare il cantato malinconico e mai così suadente, da crooner consumato. E quando il brano sembra arrivato alla fine, inaspettato arriva travolgente l'assolo di sax di Neville, trasformatosi nell'occasione in John Helliwell dei Supertramp cui spettava il compito di chiudere con il suo strumento molte canzoni di "Famous Last Words".
Non c'era modo migliore per celebrare una festa lunga quarant'anni, "Journey To You" è il lascito definitivo di una band che, giunta in età da pensione, ha pubblicato il disco perfetto, la sua opera omnia. Peccato per la non facile reperibilità fisica, in quanto il formato vinile e cd sono ordinabili solo attraverso Bandcamp, per volere della band.
In ogni caso, imprescindibile e per chi scrive, nella top ten di sempre del filone sophisti-pop.
19/03/2022