Qual è la colonna sonora dell’Apocalisse? Me lo sono chiesto in questi giorni, alla vista dell’ennesimo reportage sulle atrocità della guerra in Ucraina: città devastate, corpi sparsi per le strade, palazzi in fiamme. Un orrore che non va digerito con l’ennesimo servizio televisivo: servirebbe una musica che lo racconta per poi espellerlo come un virus, un attimo di coscienza critica che ci permetta di evitare di fare il passo verso la catastrofe. Se questa colonna sonora esiste, i Black Dog ne sono gli autori migliori.
Per accostarsi alla band di Sheffield bisogna partire da qui: musica intesa come sostanza delle relazioni umane, manifesto di resistenza alla barbarie, ricerca del sostrato critico a ogni bruttura della nostra società “civile”. Politica, insomma, al più alto livello. Elettronica suonata per farci osservare, riflettere e agire. Suoni e rumori organizzati per sottolineare devianze, perversioni di un’asserita modernità (e farlo dalla fine degli anni 80 significa coraggio ancora maggiore). Musica importante, insomma.
Da quando nel 1995 Ed Handley e Andy Turner si allontanarono per dedicarsi ai Plaid, Ken Downie ha orientato sempre più la musica dei Black Dog verso una sintesi tra techno e ambient focalizzata sulla comprensione e sulla critica del presente. Questo approccio viene ulteriormente concretizzato con l’arrivo di Richard e Martin Dust, con i quali Black Dog diventa un potente veicolo di critica sociale tramite un’elettronica potente, che non abbandona le pulsioni techno ma si concentra principalmente a descrivere i paesaggi desolanti degli ultimi 20 anni: da “Music For Real Airports”, acida risposta al rassicurante, storico album di Brian Eno, nato per smontare la falsa libertà data dal viaggio in aereo in un'epoca di guerre di civiltà e di nascita di nuovi muri; fino a “Post Truth” del 2018, in cui un concentrato di techno pulsante e beat spezzati si prende carico di criticare ferocemente l’avvento del trumpismoe il suo uso criminale dei social network.
A poco a poco, i Black Dog hanno consolidato l’attitudine ambient e il prodotto sono gli ultimi lavori, per esempio “Music For Photographers” del 2021, intensa colonna sonora per immagini di luoghi urbani in bianco e nero, per catturarne il grigiore e la cupa atmosfera determinata dall’alienazione che luoghi e strutture create dall’uomo inducono in vite stentate.
Il fatto che Downie sia un fotografo è determinante per comprendere l’esigenza di far nascere un progetto simile, che continua nel 2022 con questo Ep “Brutal Minimalism” (sempre per la Dust Science). Musica composta in loco durante sessioni fotografiche per sottolineare l’oppressione dell’architettura minimalista dello Yorkshire, brutale perché non lascia spazio alla speranza di poter coltivare la bellezza e spietata perché determina il futuro sociale di chi la abita: “Quattro istantanee per un futuro promesso che tutti meritiamo”. Con i suoi beat frammentati, i sample presi dall’ambiente circostante e le linee di basso potenti, un brano come “Form, Funcion And Friction” è un’evoluzione d’atmosfera dell’Intelligent techno.
“Corbusier: Five Points” conferma l’arricchimento del suono rispetto a “Music For Photographers”, con acidi sequencer che squarciano il paesaggio nuvoloso e bagnato di pioggia. “My Brutal Life Of It” ci restituisce una techno iper-minimale in cui imperano glitch post-industriali abbelliti da fasci di luce sonora che elevano un ambiente di per sé oscuro. Fino a “WD23”, concentrato di pulsazioni ambientali in cui la durezza del clangore metallico si unisce al sottostrato vaporoso dei synth.
Dai maestri del suono elettronico ci aspettiamo sempre tanto e la risposta dei Black Dog è nuovamente all’altezza. Ci risveglia dal torpore, ci responsabilizza, ci ricorda che possiamo cambiare un destino segnato.
28/04/2022