Gran bella sensazione quando una band si ripresenta, dopo un esordio convincente ma con qualche difetto (di irruenza in questo caso), con un disco che non solo conferma quanto dimostrato in prima battuta, ma mostra una crescita decisa nella sicurezza e nell’espressività. È questo il caso di “Partly Cloudy”, ritorno dei Flowertruck, giovane band australiana.
Pur senza rinnegare del tutto l’impeto dell’esordio, il disco mette in evidenza anche misura e una tavolozza più ampia, ad esempio nei vari cambi di registro vocale del frontman Charles Rushforth, non più a esibire esclusivamente il suo timbro pieno, squillante e traslucido.
Suonerà questa come una parziale banalità, dato che la più ampia varietà emotiva è già dichiarata nell’evoluzione meteorologica dei titoli: da “Mostly Sunny” a “Partly Cloudy”. Ma in questo non c’è niente che snatura l’anima della band, a metà tra il vagamente maldestro jangle da loser dei Go-Betweens (“Sing Along To Your Life”) e le sonorità e lo stile più festaiolo degli Orange Juice (“Crying Shame” potrebbe essere una loro scherzosa reinterpretazione di un brano new wave).
In generale, la band non si distacca troppo dal canone del revival new wave post-Duemila, con brani come “Father Of The Bride” o “Quiet!”, che potrebbe venire da qualche nuova sensazione da NME, come gli Sports Team.
A risaltare più che altro è l’impressionante costanza nella qualità melodica dei brani: forse solo in “Likelihood” è l’impatto emotivo ad avere meglio sulla costruzione del pezzo. Decisamente uno di quei “vecchi” dischi in cui tutte le tracce sono potenziali singoli.
15/09/2022