Dal risveglio chitarristico della New York di Interpol e Strokes al pop-rock britannico di Franz Ferdinand e Arctic Monkeys, dalla wave epica degli Arcade Fire di "Funeral" alla vena dark di Vanishing, Organ e Soft Moon, dal punk-funk di Rapture e !!! al synth-pop di Royksopp e Junior Boys fino al rock ipnotico degli Horrors, passando per le tentazioni avanguardistiche di Xiu Xiu e Liars. Una carrellata sulla nuova generazione wave sorta all'alba del Duemila in tutte le sue variegate sfaccettature. Con contributi tratti dalle recensioni di OndaRock e dal sintetico "vademecum" firmato da Marco Bercella.
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Nu new wave - parte 1
Nu new wave - parte 2
Sul finire del millennio si riaccende un comun sentire, e il lapillo torna a esser fuoco. Sul crinale elettronico si riesumano strumenti di modernariato che affiancano il digitale fino a fagocitarlo: embrioni di electroclash che, attraverso singoli ed Ep di gente come Ladytron, The Adult e Zoot Woman, preparano timidamente il campo all’invasione che sarà. Synth più dance più punk: qualcosa di già sentito, ma anche no. Dal versante più chitarristico non si sta certo a guardare, anzi. Fiutata l’aria, è la volta dei riferimenti espliciti: il capello corto, la cravatta sottile e l’esistenzialismo tormentato si riempiono di contenuti nella New York degli Interpol e degli Strokes. Revival modaioli per molti, ma di sostanza per altri, con l’anima di Ian Curtis e il cuore di Tom Verlaine che rispettivamente prendono forma. Tutto questo dopo che i Rapture, sempre da New York, provavano a mescolare i Gang Of Four e la nuova dance. E allora avanti con la schiera del neo-punk-funk, declinato in tutti i modi possibili.
L’Inghilterra del binomio musica-immagine non può certo stare a guardare, e infatti fa le cose in grande. Allora i nomi storici in parte già segnalati dagli Interpol riacquistano voce grazie alle note degli Editors, dei Franz Ferdinand, dei Bloc Party, dei White Lies, mentre inclinazioni più prossime ai Clash, agli Stranglers e ai The Fall d’annata si rivitalizzano attraverso Art Brut, Kaiser Chiefs, Maximo Park, Arctic Monkeys. Che il fenomeno fosse divenuto nel frattempo planetario ce lo raccontano le geniali incursioni dei canadesi Arcade Fire, che dalla primigenia new wave carpiscono molte delle loro tensioni, ma l’onda lunga finisce col bagnare anche generi distanti fra loro, dal broken pop dei tedeschi Tarwater alla new no-wave dei newyorkesi Liars, per approdare a tutti i rivoli “Dfa”.
Il tutto mentre schiere di gruppi pop dance fanno gara a citare Omd, The Human League, Gary Numan, Pet Shop Boys, oltre agli immancabili New Order. Di questa frastagliata compagnia possiamo menzionare gli australiani Cut Copy, i britannici Late Of The Pier e Hot Chip, i canadesi Junior Boys, i norvegesi Röyksopp e ci perdonino gli altri seimila omessi: proposte certo diverse fra loro, ma col comune denominatore nell’ineffabile attitudine synth eighties. (Marco Bercella)
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