Non c'è nemmeno bisogno di scomodare il proverbio Klingon preferito da Tarantino: la vendetta sappiamo tutti come va servita. Quantomeno nella nostra immaginazione. Chi non ha mai fantasticato sui modi più efferati e contorti per prendersi la rivincita contro le proprie nemesi? Anche a questo servono i revenge movie: a esorcizzare il nostro desiderio di vendetta. A non lasciare che prenda il sopravvento.
Il ventesimo album dei Mountain Goats parte proprio da qui, dai nostri segreti propositi di vendetta. E dalla loro sublimazione cinematografica. Tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021, nel pieno dell'angoscia pandemica, John Darnielle si è dedicato a una vera e propria maratona di film d'azione. "Blood Father" con Mel Gibson, "Nemico pubblico n. 1" con Vincent Cassel, "Sole rosso" con Charles Bronson... Notte dopo notte, dopo aver messo a letto i figli, il suo appuntamento fisso è stato davanti allo schermo, con un blocco per gli appunti e una chitarra a portata di mano. "Mettevo in pausa una scena, scrivevo una strofa e un ritornello, poi andavo avanti con il film", racconta. "Proprio come quando ero al college e registravo le prime cassette dei Mountain Goats".
Non a caso, l'attacco di "Training Montage" sembra venire proprio da uno di quei vecchi nastri: gli accordi ruvidi della chitarra acustica, la voce carica di energia, le immagini vivide dei versi. Ma già al primo chorus, ecco l'esplosione: una sferzata elettrica, l'incalzare della batteria e subito la canzone si trasforma in una sorta di grido catartico. "I'm doing this for revenge", proclama Darnielle a pieni polmoni, "I'm doing this to try and stay true". Perché "Bleed Out" è forse il capitolo più aggressivo della discografia - in continua espansione - dei Mountain Goats: un pugno di brani a base di chitarre elettriche e ritmiche sostenute, che inverte la marcia rispetto alle ultime uscite del gruppo, tornando all'immediatezza dei momenti più estroversi di "Beat The Champ". "Canzoni piene di fisicità e di minacce palpabili", per usare le parole di Darnielle. "Qualcosa di viscerale per la coda del lockdown".
In effetti, la travolgente carica pop-punk di "Wage Wars Get Rich Die Handsome" incendia subito l'atmosfera, chiamando lo spirito di Warren Zevon ad accendere la miccia su una pulsante linea di basso. Merito (anche) della produzione di Alicia Bognanno dei Bully, che della capacità di ridare linfa alle sonorità indie degli anni Novanta ha fatto il suo marchio di fabbrica. Non è questa, però, la direzione di "Bleed Out": il resto del disco, dai riff geometrici di "Mark On You" alle reminiscenze disco di "Guys On Every Corner", si attesta più che altro dalle parti di quel personalissimo dad-rock che i Mountain Goats (anche solo per ragioni anagrafiche) hanno preso ormai a frequentare con una certa assiduità.
Lo stile da poliziottesco anni Settanta che campeggia in copertina (opera dell'illustratore John DeLucca) mette subito in chiaro quale sia l'immaginario di riferimento dell'album: rapine, fughe, inseguimenti, sparatorie. Tutto con i colori accesi di una sceneggiatura pulp, come nella lunga jam di "Hostages" o nell'incursione nervosa di "Need More Bandages". Il merchandising offre anche una fantastica maglietta con titolo e tracklist in un italiano più o meno maccheronico ("Le Capre di Montagna in 'Sanguinare'"), giusto per completare l'effetto citazionista. Perché in fondo, come confessa Darnielle, una canzone che parla di una gang di criminali non è altro che una metafora per descrivere che cosa significa suonare in una band.
Se il passo scattante di "First Blood" decostruisce il mito dell'eroe-giustiziere ("John Rambo never went to Vietnam"), la tensione sottopelle di "Bones Don't Rust" costringe a guardare nello specchio i segni del tempo.
Il meglio del disco lo riserva però il finale, con la divagazione sci-fi di "Incandescent Ruins" e il messaggio di addio della title track (ovvero i brani imparentati più da vicino con certe morbidezze country-folk già presenti nei precedenti "Getting Into Knives" e "Dark In Here").
La parabola di "Bleed Out" si conclude come da copione: in un bagno di sangue. "I greci lo sapevano bene", chiosa Darnielle. "La vendetta non è mai un gioco a somma zero. Non ne avrai mai abbastanza". Una volta entrati nel circolo vizioso, non c'è verso di sfuggire al fato. E così, il protagonista della canzone si ritrova ad attendere la fine abbandonato da tutti, mentre una pozza scura si allarga sull'asfalto. È proprio lì, in quell'istante, che la prospettiva si capovolge: "I'm gonna tell my friends to all go to hell/ And wish my enemies well". Forse per arrivare ad amare i propri nemici bisogna prima avere sognato di infliggergli i più orribili tormenti. Basta non illudersi che i giustizieri della notte facciano una bella fine.
Every story needs a child who believes
The brave hero's gonna be just fine
You only have to check the papers to see
Some of these children end up just like me
Bleed out
I'm gonna bleed out
22/08/2022