Devendra Banhart

Flying Wig

2023 (Mexican Summer)
art-folk-pop

Inutile divagare o sperare in un ritorno al passato, dal maquillage effettuato con l'album "Mala" sono ormai passati dieci anni ed è palese che Devendra Banhart non ami restare ancorato a quanto già sperimentato o collaudato.
Nel corso degli anni il cantautore statunitense ha cambiato tante maschere da apparire irriconoscibile. Liberatosi delle ombre delle antiche vestigia pre-war folk, ha finalmente trovato il coraggio di apparire, per la prima volta, in copertina del suo nuovo album. Ricoperto il volto e il corpo da un tessuto blu dai toni cangianti, l'artista ostenta perfino un'ambigua foto in vestiti femminili. Il cambiamento è silente e concede poco a un'agevole catalogazione stilistica: "Flying Wig" è l'album più enigmatico e claustrofobico della sua ormai ventennale carriera discografica, un progetto dallo status emotivo non definito. Paradossi, dualismi irrisolti e fantasiosi racconti dalle molteplici chiavi di lettura si fondono e si confondono, generando un quieto caos nonché piacevoli discordanze.

Freak, neo-hippie, poi semplicemente folksinger, il cantautore nato a Houston non ha trascurato alcuna delle possibili sfumature del ruolo di autore folk contemporaneo, ma album come "Ape In Pink Marble" hanno aperto un nuovo corso, che potremmo definire con beneficio d'inventario art-pop, con risultati alterni che hanno prima spiazzato i fan e poi in parte riconquistati con l'album "Ma", un progetto con il quale Devendra sembrava avesse finalmente trovato un giusto equilibrio tra scrittura e arrangiamenti.
Il ruolo di produttore, affidato a Cate Le Bon, apre le porte all'ennesimo mutamento stilistico: synth e flebili citazioni del connubio Eno-Bowie provano a scuotere il pur elegante torpore degli ultimi album, e il risultato è rinfrancante.
L'eterea poetica dell'ambient-pop di "Sight Serr" e il mistico romanticismo di "Charger" hanno una profondità espressiva che è frutto dell'intesa artistica tra Devendra e Cate Le Bon, un mix di sacro e profano dove a tratti germoglia un po' di quella passione residua del passato (la title track), pur se trasfigurata da onirici agghindi elettronici.
Raffinato e dimesso, "Flying Wig" non è avaro di slanci - il raffinato elettro-funk di "Sirens", la vivace sterzata folk-pop di "May" e il curioso funky in salsa Pink Floyd/David Bowie di "Twin" - anche se l'insieme svela qualche lieve imperfezione.

Devendra Banhart ha per molti versi intrapreso un percorso affine a quello sperimentato con successo da H. Hawkline e Jeremy Tuplin, in quest'ottica il delizioso tappeto di "Fireflies" conquista senza sforzo un posto tra i brani più amabilmente ruffiani dell'anno in corso, mentre lo stravagante caos di melodie ossessive e ritmi sbilenchi di "Nun" ha il pregio di infrangere l'apparente uniformità dell'album.
La sempre notevole qualità dei testi e l'innegabile coraggio dell'autore di affrontare nuove sonorità sono comunque motivo sufficiente per archiviare "Flying Wig" come un progetto a suo modo riuscito e degno di attenzione. Tra incertezze e azzardi, Devendra Banhart ha messo in piedi un album che esula dalla routine e apre nuove interessanti prospettive per il futuro.

01/10/2023

Tracklist

  1. Feeling
  2. Fireflies
  3. Nun
  4. Sight Seer
  5. Sirens
  6. Charger
  7. Flying Wig
  8. Twin
  9. May
  10. The Party






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