Ed è il meglio della scena pop italiana che qui si riunisce nuovamente per dare prova del suo carattere collaborativo. Da Dardust a Mahmood, passando per Federica Abbate, Tropico e la stessa Elisa, il team è di quelli di rilievo, una macchina sì attenta ai trend ma forse ancora più sensibile a rivestire come un guanto l'artista, a declinarne la visione in un flusso compatto e organico. Flusso, è questa la parola chiave. Strutturato come un non-stop tutto da ballare (il riferimento a "Confessions On A Dancefloor" è tutt'altro che peregrino), il primo sestetto dell'album inanella una sequenza di brani che declinano la dance di inizio millennio in un bouquet di infiorescenze italo e vignette relazionali, perfettamente connaturate al timbro intenso della cantante.
Da una parentesi electro-house quale "Purple In The Sky", tutta rapidissime scansioni melodiche e ritornello in minore (il contributo di Mahmood un vero marchio di fabbrica), passando per l'esplosione french-touch di "Danse ma vie" e le marcature ritmiche di "Strobo" non vi è alcun calo di tensione, anche quando l'inserimento di "Due", il brano in gara a Sanremo, prende la strada di un electro-r&b costruito sui dolorosi saliscendi vocali di Elodie. Se scherzi di sassofono rendono la title track uno spumeggiante tormentone estivo in pieno inverno, "Mai più" si colloca a metà tra Kylie Minogue e Dua Lipa, piazzando una progressione assassina e un beat d'effetto, tratteggio deep in salsa balearica.
È un peccato che la seconda metà smorzi rapidamente i toni, preferendo ampliare il parco stilistico a costo però della compattezza generale. Con l'eccezione di una "Tribale" che avrebbe potuto insinuarsi agilmente nel sestetto iniziale (per quanto la sua attitudine brasiliana richiama fin troppo "Festival" di Paola e Chiara), il lato B manca totalmente di baricentro, si disperde tra pasticciate hit spaccaclassifiche ("Bagno a mezzanotte"), avanza potenziali ipotesi afrobeat (una fin troppo sedata "Boy Boy Boy"), tenta la carta dell'impatto electro, per imponenti fondali d'atmosfera che quasi disperdono l'intuizione melodica di base ("Una come cento").
Molto meglio, insomma, quando Elodie gioca la carta del lento, si muove su tracciati più disadorni, lasciando correre libere voce e interpretazione. "Vertigine" non rinuncia necessariamente ai drappeggi electro, ma riesce a tenerli a bada e a far sì che la melodia deflagri nella sua ricca incisività. Già apprezzata in calce alla visione di "Ti mangio il cuore", "Proiettili" riceve gli onori della chiusura: battito lento, bristoliano, un duetto in coppia con Joan Thiele che si fa quasi sussurro, la canzone suggella un talento espressivo finemente sbocciato, la forza di una voce che sa e vuole spingersi oltre gli steccati del contesto it-pop.
Certo, non sarebbe affatto dispiaciuto poter ascoltare un tour de force dance sulla scia di alcuni dei più grandi classici pop, e l'impressione che si ricava dai brani d'apertura è che vi fosse sufficiente benzina per portare a termine la traversata. Anche con qualche passaggio più prescindibile "Ok. Respira" segna una netta cesura rispetto a quanto apprezzato finora da Elodie, porta finalmente alla ribalta una soggettività finora tenuta troppo al guinzaglio. Avanti così.
(06/03/2023)