Young Fathers - Heavy Heavy

2023 (Ninja Tune)
art-pop, neo-soul, experimental hip-hop

Lasciare liberi i propri demoni, affrontarli e darvi un senso. A cinque anni dall’ottimo “Cocoa Sugar” (2018), gli Young Fathers, trio di ragazzi prodigio formato da Alloysious Massaquoi, Kayus Bankole e Graham 'G' Hastings, hanno deciso di tornare sulle scene con “Heavy Heavy”, alzando ulteriormente l’asticella dal punto di vista delle sonorità con un focus sulla tradizione e sulle radici della black music. Arricchito da una produzione eccellente e da anthem furbi e congeniali, l’album amplia il già vasto bacino di influenze sfoggiate dal terzetto di base hip-hop sperimentale con un’elettronica ovattata che strizza l’occhio al peso massimo del trip-hop Tricky, R&B, soul e pop à-la Michael Jackson, sontuose arie gospel e spiritual, e una componente psych riconducibile a progetti come Animal Collective, Panda Bear e affini.

Il ritorno alle origini non si limita al sound del disco, ma riguarda anche la lavorazione dello stesso. Il gruppo ha scelto di operare in totale autonomia in uno studio personale in un seminterrato, con il solo Hastings alla produzione, mentre l’artwork è stato curato dall’Hingston Studio, con cui la band aveva già collaborato per l’ambizioso “Cocoa Sugar”, e la parte relativa ai videoclip affidata al giovane artista austro-nigeriano David Uzochukwu (FKA Twigs, Ibeyi, Benjamin Clementine). Tale clima di totale libertà si riflette anche nei testi, usuale tallone d’Achille del trio, che seppur con buone intenzioni e concept intelligenti, fatica solitamente a sviluppare con efficacia. Non mancano alcune stoccate politiche (velate) alla Brexit, ma a farla da padroni sono messaggi positivi e di rivalsa, in opposizione al peso del nichilismo e della sensazione di abbattimento morale.

L’apertura è affidata al basso incalzante della gioiosa “Rice”, metafora di ricerca di un nutrimento spirituale per contrastare la disumanizzazione, e all’inno al risveglio delle coscienze racchiuso nell’intensa e acida danza rituale di “I Saw”.
La fase di riconnessione al proprio io continua attraverso le scosse e le celebrazioni dei cori gospel della dinamica “Drum”, che include versi in yoruba (lingua niger-kordofaniana), e le arie epiche del lento crescendo ovattato di “Tell Somebody”. La riflessiva “Geronimo”, il cui titolo rimanda al nome del coraggioso capo Apache, segna il massimo picco dell’album: incentrata sui contrasti e sulle sfide della vita da vincere, spinge su psichedelia e cori in falsetto.

 

La seconda metà dell’opera perde leggermente di mordente, in particolare a livello testuale, ma non per questo appare meno interessante, basti pensare ai dettagli R&B e ai cori gospel di “Shoot Me Down”, o ai tribalismi della liberatoria “Ululation” e ai ritmi festosi di “Sink Or Swim”.
Il finale riprende quota con un nuovo gioco di contrasti tra la base noisy e aggressiva, e le note delicate di piano e il ritornello di “Holy Moly”; e il saluto conclusivo della più bistrattata e vorticosa “Be Your Lady”.

 

Il coinvolgente “Heavy Heavy” cresce ad ogni ascolto e scivola via in poco più di mezz’ora, o forse il termine più adatto per rendere l’idea dei moti sonori in esso contenuti è “fluisce”, facendo degli Young Fathers una fonte creativa distinguibile da tutte le altre, che porta in alto la bandiera della cosiddetta “mistakeology”: l’imperfezione come parte integrante e fondamentale della capacità inventiva.

17/02/2023

Tracklist

  1. Rice
  2. I Saw
  3. Drum
  4. Tell Somebody
  5. Geronimo
  6. Shoot Me Down
  7. Ululation
  8. Sink Or Swim
  9. Holy Moly
  10. Be Your Lady






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