Tre anni: questo è il periodo che separa "Cosmorama" dal nuovo progetto dei Beautify Junkyards, "Nova": quinto album del gruppo portoghese e terzo per l'etichetta Ghost Box, un'opera che anticipa un tour che dovrebbe interessare anche l'Italia.
Attivi dal 2012, i Beautify Junkyards hanno dato vita a una sintesi di perfezione estetica e approssimazione analogica, brulicante di colti richiami all'hauntology, ebbra di tempi ritmici in stile tropicalia, sospesa in quel modernismo trip-hop che ha marchiato a fuoco la musica rock e pop contemporanea, affascinata da vellutate sonorità lounge, ma soprattutto psichedelica/futurista nella dimensione onirica e letteraria degli anni 70: un perfetto ossimoro musicale, dove passato e futuro si confondono senza mai incontrarsi.
"Nova" è un ulteriore passo verso quell'utopia psych-synth coltivata dai Broadcast e poi lasciata germogliare in territori alieni. Alle già apprezzate sfumature di colore, la band di Lisbona aggiunge nuove vibrazioni elettroniche, grazie all'inserimento di un nuovo alchimista, Bernard Loopkin (synth e tastiere), e agita il soave ed etereo allestimento vocale, assumendo non solo a tempo pieno una nuova cantante che si alterna all'ottimo Joao Branco Kyron, Martinez, ma anche ospitando due pezzi da novanta come Paul Weller e Dorothy Moscowitz (United States Of America).
Fluide e sotterranee, le sonorità di "Nova" carezzano le velleità più ambiziose mai sperimentate dalla band portoghese, gli strumenti quasi perdono la loro identità per una trasfigurazione analogica-elettronica dai tratti cosmic-acid-world, che ovviamente risente delle recenti esperienze collaterali con il progetto Hidden Horse e delle esternazioni soliste di Joao Branco Kyron.
La sezione ritmica è più potente, tra groove ipnotici e affinità con la musica drum'n'bass stemperate da una magmatica e nebulosa estasi elettronica, in un gioco di rimandi e riflessi che invoglia alla danza sabbatica ("Dancer's Reward"), per poi sedurre e incantare con melodie simili al canto delle sirene dell'Odissea ("Somersault").
"Nova" è un album ancor più difficile da frammentare in episodi. Ognuno degli undici brani concorre a una compatta struttura narrativa, che ne plasma le diverse anime. Accade così che la voce di Paul Weller in "Sister Moon" scivoli con una naturalezza impressionante e che la presenza di Dorothy Moscowitz in "Turning The Tide" assuma quasi un contorno mistico e spirituale, al punto che viene da chiedersi quanto sia intenso il legame tra i Beautify Junkyards e gli United States Of America.
C'è un'insana e contagiosa magia che anima il nuovo album della band portoghese. Anche quando replicano se stessi, i Beautify Junkyards sembrano posseduti da un'esuberanza inedita ("Black Grape", "Raridade De Contrastes"), le soluzioni strumentali sono sempre più ardite e surreali ("Sonora"), perfette per nuove interazioni musicali come quelle sperimentate nella straordinaria "Groundstar", autentica perla acid-folk in chiave hauntology che ospita Jesse Chandler (Pneumatic Tubes, Midlake e Mercury Rev) e il suo flauto.
L'atipico e travolgente groove del cosmic-psych-dream-pop di "Orbit" e l'immaginario sonoro alla Mort Garson di "Pulsing Abstraction" sono ulteriori tasselli policromi di un progetto intrigante e avvincente, che elegge i Beautify Junkyards come assoluti maestri della sampledelia.
19/09/2024