La realtà delle piccole etichette indipendenti è esemplare della frammentazione sempre più rilevante del panorama musicale: costantemente assimilabile a un groviglio di informazioni e suggestioni, che il fragore della modernità rende ancor più complesso e difficile. Succede, poi, che tra la molteciplità d'input passivi, ti trovi all’improvviso catturato dalla bellezza e dalla profondità emotiva di un brano, di un 45 giri (si esistono ancora), e cominci a fantasticare sulla magia della musica, se poi il brano in questione è “From The Morning” di Nick Drake, ti chiedi come sia possibile che dei sconosciuti musicisti portoghesi siano autori della più bella cover version che hai ascoltato negli ultimi 40 anni. I Beautify Junkyards nascono nel 2012, quando João Branco Kyron (voce, tastiere), João Moreira (chitarra acustica, tastiere), JP Daniel (chitarra acustica, tastiere), Sergue (basso, xilofono, Omnichord), Watts (percussioni) e Rita Vian (voce, tastiere) sperimentano innovative contaminazioni con field recording, mettendo in campo tutte le loro passioni per folk, jazz, kraut-rock e tropicalismo.
Unico dei sei componenti in possesso di un profilo artistico noto è João Branco Kyron, per il suo passato con gli Hipnotica: acclamata formazione artefice di un raffinato mix di pop, breakbeat, jungle, trip-hop e jazz. Resta altresì rilevante il suo progetto solista: "O Maquinista", dove anticipa le atmosfere del futuro progetto coi Beautify Junkyards.
Ed è proprio dalla singolare intersezione di suoni naturali e musica in post-produzione, che João Branco Kyron e compagni elaborano il sound della loro formazione. La vegetazione, il vento, gli uccelli, l’acqua e tutti gli altri elementi naturali e casuali entrano a far parte di uno stile, che la band definisce hauntologic and kaleidoscopic sunshine folk tales, gettando uno sguardo all’affascinante mondo del folk autunnale inglese.
I sei portoghesi non disdegnano opportunità e stimoli nuovi, per sperimentare e portare avanti il loro discorso di outdoor-neofolk-music, coinvolgendo altri musicisti nelle loro improvvise jam tra prati e spiagge solitarie. Il primo seme viene gettato nel febbraio del 2012, con la citata “From The Morning” di Nick Drake, la tensione sonora in chiave folktronica è delicatamente adagiata su accordi di chitarra, che mettono in corto circuito passato e presente, proiettando il brano in una dimensione futurista.
Pian pianino diventa sempre più forte l’idea di un album dove raccontarsi attraverso le canzoni più amate. Il folk permane nello specchio d’azione, e la vittima designata è Vashti Bunyan con la sua “Rose Hip November”, un brano che, nella deliziosa rilettura del gruppo, diventa il manifesto definitivo del loro stile.
Quando, nel mese di giugno, la Fruit De Mer la contatta per realizzare un 45 giri con la sua cover di Nick Drake, la band portoghese vede schiudersi le porte per farsi conoscere da un'audience più ampia. Dal cappello magico delle sue influenze spunta fuori il brano degli Os Mutantes “Fuga Nº 2”, che i sei tramutano in una mini-sinfonia psych-folk, dove l’elettronica prende d'assalto la struttura acustica, rettificandola con effetti stranianti e sublimi.
Le ottocento copie del singolo non resistono molto negli scaffali dell’etichetta, e la proposta di una colonna sonora per un film d’animazione del 1970, "La Planete Sauvage", chiude in bellezza un anno ricco di prospettive per la band.
Il 2013 è un anno intenso e produttivo per i Beautify Junkyards: la cover di “Butterfly”, realizzata per un tributo agli Hollies della Fruit De Mer, mette in piedi un altro tassello del percorso, che li porterà a breve alla realizzazione dell’esordio. A questo si aggiungono le fortune della colonna sonora per “La Planete Sauvage” e una sorprendente versione in stile folktronica di “Radioactivity” dei Kraftwerk, che attira anche il plauso della stampa inglese.
In verità, sia il brano degli Hollies, che quello dei teutonici, non sono semplicemente adattati al loro stile, ma portati a nuova vita, con intuizioni strumentali originali e ingegnose che costringono qualche autorevole critico a tirar fuori termini entusiastici e quasi trionfali. Nel maggio del 2013 l’album prende forma, con un'esclusiva streaming per Music Box, a settembre artwork e tracklist definitiva salutano la pubblicazione internazionale di Beautify Junkyards.
Raro esempio di album d’esordio realizzato esclusivamente da cover version, il primo lavoro dei portoghesi è perfetto nella sua austera modernità. Le canzoni accolgono field recording ed elettronica senza perdere un briciolo della loro forza mesmerica naturale, un folk visionario ed estatico che trova nell’incantevole “Ask Me No Questions” di Bridget St John uno dei vertici assoluti dell’album. La voce di Rita Vian si destreggia tra noise, electronic e acoustic treatments, in un mix di rara bellezza che osa varcare i confini del folk, come solo la Incredible String Band ha saputo fare in passato.
Fermo restando il tono più intenso di alcune tracce, non c’è nessuna canzone che i Beautify Junkyards affrontino con spocchia o superficialità, anzi, sembrano estaticamente vittime del fascino degli originali, ed è questa chiave di lettura intima e introspettiva la fonte d’energia da cui traggono vita e splendore. “Another Day” di Roy Harper diventa leggemente più bluesy, “Parallelograms” scioglie la sua anima psichedelica anche grazie alla presenza di Riz Maslen dei Neotropic, “Yellow Rose” di Mike Heron apre la sua complessa struttura alla delicatezza del folk pastorale e “Song For The Naturalist's Wife” di Donovan si bagna di rugiada e gocce di mare, chiudendo in religioso silenzio un esordio straordinario.
La pubblicazione sul mercato inglese di Beautify Junkyards all’inizio del 2014 coincide con un'attenzione sempre più ampia della stampa, ma soprattutto con l’incontro del gruppo portoghese con uno dei loro idoli giovanili, ovvero Nick Garrie. I Beautify Junkyards, oramai novelli Davy Graham e Shirley Collins, dopo aver messo insieme le radici del loro passato, affrontano la realizzazione di un album di canzoni originali. Per fortuna la verifica del potenziale dei portoghesi anche come autori non si fa attendere, e nella prima metà del 2015 arriva The Beast Shouted Love, un avventuroso album che sviluppa il versante più visionario del folk, con particolare attenzione all’uso delle voci e alle profumazioni elettroniche vintage, con un delicato campionario di folktronica autunnale e pastorale.
Registrato in un campo con uno studio di registrazione mobile, Beast Shouted Love non rinuncia alle gia note contaminazioni psichedeliche della Incredible String Band o di Linda Perhacs. La forza antropologica del canto e della connessione con la natura supera il rigore del linguaggio musicale, e tra la surreale e sognante ballata psych-folk “Valley Of Wonders”, intrisa di effluvi progressive, e il suggestivo refrain adagiato su beat elettronici e synth analogici di“Rainbow Garland”, giace estatica e maestosa la splendida “Lake”, un piccolo classico di esoterismo folk, avvolto in suoni di tastiere, omnichord, xilofono e voci celesti. Ci sono altresì tracce di hauntology nell’introduttivo madrigale di “Sun Wheel Ceremony”, alterazioni percettive nella delicata “Pés Na Areia Na Terra Do Sol” e tracce di acidi in “Canterbury”.
Album dal fascino immediato e fruibile, Beast Shouted Love è frutto di una interessante ricerca lirica: il tocco alla Young Marble Giants di “Drop City”, il romantico twee-folk di “Longo Amanhã”, il folk cosmico di “Refresco Eléctrico” e il surrealismo orchestrale della conclusiva “Technicolor Hexagon” sono un campionario molto ampio di creatività. Dodici affascinanti tracce ricche di poesia e lirismo, ma anche di tanto spazio per l’immaginazione.
Nel giugno del 2016 la Ghost Box pubblica un singolo dei Beautify Junkyards nella serie di sette pollici chiamata Other Voices (tra gli altri Belpury Poly, Cavern Of Anti Matter, Jon Brooks e Sean O’Hagan), a questo punto i riflettori vengono finalmente puntati sulle sorti del gruppo portoghese.
Il mix di tropicalia, folk esoterico ed elettronica scuote la critica, che arriva a citare perfino i Broadcast e gli Stereolab, il successivo ingresso nel gruppo di Helena Espvall (ex Espers) scioglie ogni dubbio sui reali intendimenti della formazione, mettendo definitivamente in chiaro l’assoluta estraneità dei portoghesi al fenomeno del folk revival.
La musica non è frutto di artifici sonori esteticamente evocativi o ruffiani, l’attitudine psichedelica, ricca di inventiva, non mira ad una piacevole ricostruzione storico-antropologica, quanto a un rinnovamento dello spirito pioneristico che animava le eroiche e avventurose gesta di Vashti Bunyan, Nick Drake e la Incredible String Band.
Dopo le suggestive cover version dell’esordio e il visionario folk di The Beast Shouted Love, la band mette a punto un album ancor più inusuale, atipico, le canzoni sono come dei puzzle, dei mosaici multicolore dove elettronica e acustica parlano lo stesso idioma.
Nessuno degli elementi messo in gioco prevale sugli altri, voci, strumenti, tecniche di registrazione seguono un unico assetto rappresentativo, dove ricordi, memorie, aspirazioni, visioni, scorrono in sincrono.
Il risultato finale è un cosmic-folk che intercetta arpeggi celestiali e sognanti, custodendoli all’interno di pregevoli sequenze di suoni elettronici (“Ghost Dance”), con tratti a volte eterei e ancestrali (“Sorceress”), a volte proiettati in un improbabile futuro (“Shelter”).
L’intreccio femminile/maschile dei due vocalist non è mai stato così affascinante e originale, a volte la voce di Rita Vian sembra staccarsi dal corpo strumentale viaggiando tra le note come uno spirito alieno (“Sybil´s Dream”), oppure librando su cantilene folk dai tratti sonori spogli eppur miracolosi (“Cabeça-Flor”).
Alla voce di João Branco Kyron è affidata invece l’anima più oscura, tra melodie malinconiche e naif che scivolano nel gothic (“Half Marble”) e sonorità impalpabili che proiettano la musica in una dimensione onirica (“Sorceress”).
The Invisible World Of Beautify Junkyards è un album monolitico, compatto, al punto che diventa arduo svelare quali siano le pagine più toccanti e intense, qualcuno si innamorerà della fantasiosa psichedelia acid-folk di “Prism”, qualcun altro sarà rapito dalla cristallina sinfonia elettronica/acustica di ”Golden Apples Of The Sun”, resa altresì struggente dal violino di Helena Espvall, ma in molti non sapranno resistere all’eccellente mistura di elettronica kraut e tropicalia di “Aquarius”.
Il continuo dialogo tra i timbri cupi dell’elettronica ed elementi rituali - il miagolio del gatto in “Manhã Tropical” o il canto infantile e onirico di “Claridade“ - cattura la mente senza lasciare tregua, assoggettandola ad un piacevole maleficio.
Disco avventuroso e inquietante, The Invisible World Of Beautify Junkyardssigilla il nuovo corso dei Beautify Junkyards con una scarna liturgia a base di numeri e parole recitate con toni apocalittici (“Trackways”), aprendo nuovi enigmatici scenari per il futuro del folk psichedelico.
Avventuroso e inquietante, The Invisible World Of Beautify Junkyards sigilla il nuovo corso dei Beautify Junkyards con una scarna liturgia a base di numeri e parole recitate con toni apocalittici (“Trackways”), aprendo nuovi enigmatici scenari per il futuro del folk psichedelico.
Ed è proprio durante la lavorazione per il seguito dell'album che João Branco Kyron ritrova dei nastri anteriori al 1999 con una serie di brani strumentali frutto della mai sopita passione per le colonne sonore dei film di fantascienza. Pubblicate dall’etichetta Miracle Pond, specializzata nella pubblicazione di album in formato cassetta, le quindici brevi composizioni di musica per film in chiave lo-fi, vedono la luce sotto il titolo di Starlit Remembrance, e con la semplice denominazione artistica di Kyron.
Apparentemente incidentale, l'album si ricollega all'altra esperienza solista sotto il nome di O Maquinista, curioso progetto elettronico pubblicato nel 2008 (O Maquinista). Titoli come “Sun”, “Earth”, “Fire”, “Comet”, “New Moon”, o “Mercury Air”, tradiscono un’ingenuità o una semplificazione eccessiva nell’approccio all’arte della musica da film, in evidente contrasto con la maturità espressiva che il musicista mostra in questi quasi trenta minuti di psichedelia cosmica.
L’intensità delle pur brevi melodie è avvolgente, coinvolgente, impossibile non pensare ad un documentario o ad un film sci-fi ascoltando queste quindici delizie sonore, che nel frattempo rafforzano il paragone con i Broadcast e i Stereolab.
Drammaticamente futurista (“New Moon”), descrittiva (“Asteroid”), minacciosa (“Aquarius”), enigmatica (“Mercury”) e non priva di accenni sentimentali (“Day Night”, “Sun”), la musica di Starlit Remembrance è una perfetta colonna sonora per un film immaginario. Non c’è brano o intuizione armonica che non abbia un profondo legame con l’arte della cinematografia, tonalità intense (“Comet”) ed oscurità elettroacustiche (“Juno”) sono perfettamente dosate, la musica si snoda tra ossessioni (“Earth”) e speranze in un irrealizzabile e fantasioso futuro (“Air”), lasciando l’amaro in bocca solo per la sparuta quantità di cassette realizzate dalla Miracle Pond e dall’impossibilità di fruirne al di fuori del formato puramente digitale.
Nel frattempo i Beautify Junkyards completano l'album più esoterico e mistico della loro carriera, perfetto sbocco delle tante suggestioni raccolte in un ricco e complesso cammino artistico e musicale, che ha visto la band in perenne ricerca di un’intersezione tra motilità sonore tecnologiche ed ultimi fremiti etno-folk, avulsi da estetiche vintage. Cosmorama (2021) è il trionfo della raffinatezza e del minimalismo espressivo, un rito nuziale che sposa mondi diversi, la musica brasiliana e il prog di Canterbury, con l’inganno seducente della psichedelia e della folktronica.
Una potenziale colonna sonora di un documentario tirato fuori dagli archivi di una tv di stato, ricco di immagini incompiute, sfocate, in bilico tra sogno e realtà, un corpo unico dove le percussioni avvolgono come una manta peruviana il felpato suono del basso, il fantasmagorico suono del flauto, le sparute note d’elettronica che duettano con le voci femminili e maschili, nonché strumenti a corda come violino e arpa.
Cosmorama è la sublimazione dell’acid folk, la trasposizione nell’era moderna di un rituale che al suo interno fagocita musica classica, tropicalia, folk, jazz, psichedelia, e perfino l’hip-hop. E’ un labirinto di suoni e suggestioni visive. Il sibilo cosmico e le rarefatte simulazioni di canto d’uccelli e vortici esotici creati da flauti e percussioni adagiate su briciole di elettronica di “Dupla Exposição” sono figli delle stessa energica messa psichedelica dell'era Syd Barrett.
A questa liturgia partecipano anche prestigiosi nomi provenienti da diverse frontiere sonore, in primis la splendida voce di Nina Miranda (ex-Smoke City), perfetta interprete del barocco rito cerimoniale tra organi in estasi minimalista, loop percussivi felpati ed elettronica vintage stile YMO di “Reverie”, nonché estatica sirena delle lussuose trame neo-classical e folk della title track.
Nell’apparente immutabilità di Cosmorama si nascondono dettagli e raffinatezze ormai desuete, la densità del suono è l’unica costante, quella densità che il rigore delle percussioni quasi metalliche e le cadenze da metronomo provano a tenere salda, prima che la malinconia del suono del violino non ne frantumi l’inflessibilità (“The Collector”), la stessa densità crepuscolare che dona luce alla mistica preghiera quasi sciamanica di “A Garden By The Sea“ e che il suono dell’arpa di Eduardo Raon incornicia con nuance neo-sinfoniche.
Il misticismo e il fascino rituale della musica del gruppo portoghese si elevano e assurgono a puro esoterismo in un vortice di raga elettronici, percussioni tribali e liturgie vocali psichedeliche nella neo-futurista “Zodiak Klub”, che unitamente alla grazie chill-out e field recording di “Vali” crea un’oasi meditativa, prima che le due tracce finali sollevino ulteriormente il tasso psicogeno, di un album che al pari del canto delle sirene cattura anima e corpo con una sensualità neo-gender (“The Sphinx”).
Per tutti coloro che hanno sempre desiderato un carillon che non girasse al suono mefitico delle ninna nanne natalizie e sanfediste, sarà una buona notizia sapere che la voce di Allison Brice si è fatta carne per realizzare questo sogno nella magica “Deep Green”, ultima manifestazione terrena di Cosmorama, prima che si realizzi la completa ascesi sonora di “The Fountain”.
Chiamatela electronic-psichedelia, acid-folk, neo-tropicalia: non importa. La musica dei Beautify Junkyards resta una delle realtà più entusiasmanti del panorama contemporaneo.
BEAUTIFY JUNKYARDS | ||
Beautify Junkyards (Metrodiscos, 2013) | 8 | |
The Beast Shouted Love (Mega Dodo, 2015) | 7,5 | |
The Invisible World Of Beautify Junkyards(Ghost Box, 2018) | 8,5 | |
Cosmorama(Ghost Box, 2021) | 8,5 | |
Nova(Ghost Box, 2024) | 8,5 | |
KYRON | ||
Starlit Remembrance(Miracle Pond, 2020) | 7 | |
Ascending Plume Of Faces(Library Of The Occult, 2021) | 7,5 | |
Dreaming Eden(Ghost Box, 2023) | 7 | |
HIDDEN HORSE | ||
Opala(Holuzam, 2022) | 7 | |
Incorporeal(Holuzam, 2022) | 8 |
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